Roma, Palazzo del CONI – 9 Dicembre 1972
La finestra della presidenza della F.I.B.S. si affaccia sul verde dello Stadio dei Marmi, alle pareti fanno bella mostra una serie di trofei, qualche manifesto, alcune fotografie.
Squilla il telefono.“Qui parla Bob Kap da Dallas. Sono il presidente della Intercontinental Football League. Tu sei Mr. Beneck quello del football in Italia? Si?” “Sì” “Lamar Hunt mi ha detto di parlare con te!”
Bruno Beneck è un piemontese di Castelnuovo Calcea (Asti). Giornalista, regista televisivo (ha diretto per un certo periodo la celebre “Domenica Sportiva” della RAI). E’ stato uno dei pionieri del “batti e corri” italiano; il promotore della riunificazione LIB-FIBS, il presidente della Incom Lazio e, dal 1969, il presidente della Federbaseball. Nello stesso anno, a Varsavia, lancia l’idea del baseball alle Olimpiadi e la sostiene ai massimi livelli del CIO; lavora al “prodotto sportivo”, promuovendo i diamanti illuminati per le gare in notturna, l’arrivo degli oriundi dagli States. Nel 1978 porterà, per la prima volta, i campionati continentali e mondiali in Italia e in Europa. Il 29 gennaio 1972 è stato il promotore della FIFA, la prima federazione italiana di football.
Alla prima presa di contatto con la NFL, Beneck viene dirottato su Lamar Hunt, un ricchissimo petroliere, proprietario per diletto e affari di alcuni parchi-giochi di grandi dimensioni, dei Kansas City Chiefs, dei Tornado Dallas (soccer), di un team di baseball a San Diego. Hunt si dimostra piuttosto scettico sulle possibilità di affermazione del football in Italia (“Ogni sport, secondo me, ha un’anima e una filosofia, entrambe connaturate con la società dalla quale viene espresso e dall’ambiente in cui viene praticato. Sto vivendo una esperienza molto divertente, e per il momento senza vantaggi economici e promozionali, con il vostro calcio, un gioco molto facile da apprendere e poco costoso, ma qui non va. Io credo che il football e il soccer siano congeniali ognuno per il suo Paese, in stretta relazione con i gusti e la tradizione”.) Ma, al momento dei saluti, promette a Beneck che proverà ad interessarsi in qualche modo dell’iniziativa italiana.
E arriva l’Amerikano.
Robert “Kicker Bob” Kap è un simpatico signore del Texas, vive e lavora a Dallas, è nei quadri dell’America’s Team. I Dallas Cowboys. Il kicker calcia la palla il più lontano possibile dando il via alla partita; Bob era pronto a giocare la “sua partita” e aveva scelto in quale punto del globo avrebbe battuto il calcio d’inizio. Era affascinato dalla Roma Antica, suggestionato dal Colosseo, voleva far rivivere gli eroi dei giochi, i Gladiatori.
A gennaio, l’Americano arriva a Fiumicino. E’ lo Zio d’America, quello con il sigaro da un pollice e la valigia carica di dollari? Oppure, di chiacchiere? Oppure di un sogno più grande del conto in banca?
Arriva, ride, mena pacche da fabbro, beve, ribeve, spiega: “La nostra Lega vuole costituire team professionistici di football… Le sedi: Roma, Parigi, Vienna, Monaco, Madrid, Londra, Atene, Amsterdam, Stoccolma… In attesa di formare giocatori domestici, la nostra organizzazione fornirà atleti provenienti dalle università e, in primavera, alcuni professionisti di origine europea… la IFL organizzerà un campionato in Europa sponsorizzato da società e TV americane e, alla fine, il team vincente affronterà la squadra campione della NFL, in occasione dell’ Intercontinental Trophy…”
Tutto facile?