L’altro Favre
Se vi considerate appassionati di Football, la pronuncia esatta del suo cognome, ‘farv’, dovreste conoscerla. Ciononostante, quello che potreste ancora ignorare, è che Dylan DeWayne Favre, nato il 19 marzo 1992 a Bay St. Louis, affacciata sul Golfo del Messico nello stato del Mississippi, è il nipote della “leggenda”. Già, perché Jeffrey, padre di Dylan, altri non è che il fratello minore di Brett Favre, quel signore capace tra l’altro di vincere per tre volte consecutive il titolo di MVP della National Football League, di giocare per 11 volte il Pro-bowl, di vincere un Superbowl da protagonista (e di giocarne un altro) con i Green Bay Packers (ok, se non sapevate nemmeno questo, riconsiderate pure il vostro concetto di “appassionato”…), di partire titolare per 18 stagioni consecutive e più (297 gare da starter, record assoluto NFL, per la precisione) nel ruolo che forse più di ogni altro si avvicina alla risposta condivisa nel dibattito: “What is the most difficult position to play in any sport?”. D’altronde, Brett Favre è l’unico quarterback della storia del gioco ad aver battuto almeno una volta tutte le franchigie NFL (32, stando all’ultima strutturazione della lega), oltre a detenere una caterva di record che nemmeno la pagina di Wikipedia a lui dedicata riesce più a compendiare, dunque il titolo di “leggenda” lo assegniamo d’ufficio, che siate stati o meno tifosi del suo “braccione” di Leopizziana memoria.
Ora, considerato un nome tanto ingombrante stampato sul passaporto, pensate davvero possa interessare qualcuno il fatto che Dylan, quarterback (eccoci…) non ancora ventenne e di belle speranze, sia stato capace all’High School di battere il record carriera all-time di touchdown passes nel Mississippi, ovvero in uno stato del profondo sud (tanto ‘sudista’ da essere il solo stato degli USA ad avere ancora sulla bandiera quella ‘confederata’…) di poco meno di 3 milioni di abitanti, nel quale è comunque cresciuto ed ha giocato anche lo zio? Nemmeno se aggiungessimo che l’ultimo record è stato superato di 40 (quaranta!) passaggi da touchdown?
In tre anni da starter alla St. Stanisluas HS, il giovane Favre ha prodotto rispettivamente: una stagione sophomore (2007) da 3.092 passing yards con il 60,1% di completi e 36 touchdowns, una junior (2008) da 3.805 passing yards con il 60,1% di completi e 45 td-pass (allora record), ed infine una senior season (2009) da 5.589 passing yards con il 64,7% di completi e 63 touchdowns (!) oltre a correre in quest’ultima 1.265 yards per altri 18 td. In totale quindi i td-pass sono stati 144 in 3 anni, e dato che il precedente record era di 104 passaggi vincenti, il “sorpasso” è stato di 40 lanci da endzone, ché la matematica come si suol dire non è un’opinione.
L’ultima annata liceale peraltro, ha riservato parecchie soddisfazioni al ‘nipotino’, visto che oltre a prestazioni straordinarie (4 gare oltre le 500 passing yards, con una record da 547 yards, più un’altra da 498..) e statistiche mirabolanti (14.175 yards lanciate in carriera, buone per il 1° posto all-time del Mississippi ma pure per il 5° posto assoluto nel record book della National Federation of State High School Associations) che gli sono valse il titolo di Gatorade Player of the Year per lo stato del Mississippi, il nostro è stato altresì artefice della vittoria dei suoi nella finale statale (4A), guidando la St. Stanislaus HS alla vittoria per 35-16 sulla Lafayette HS di Oxford (MS). Quella partita è stata letteralmente ‘dominata’ da Dylan Favre che non solo ha messo lo zampino in ogni touchdown della propria squadra (ha lanciato 3 td-pass e corso per altri 2 td), ma ha spadroneggiato pure in difesa, dove ha sempre giocato nel ruolo di strong safety, con una prestazione da 17 tackles e 1 intercetto.
Il tutto a dimostrazione che Dylan all’High school è riuscito a sviluppare non solo le sue qualità di lanciatore, ma anche doti da bloccatore, da tackler, oltre a quella capacità di corsa che gli ha permesso di piazzare diverse ‘giocate’, tanto in attacco quanto in difesa. Peraltro, temperamento, durezza e personalità il ragazzo le ha sempre mostrate, quasi fossero un marchio di fabbrica ‘familiare’. Come una grande confidenza nei propri mezzi, ad esempio la potenza del braccio, ampiamente dimostrata proprio nella partita di cui sopra, visto che dei 3 td-pass segnalati, due sono stati scagliati rispettivamente da 65 e da 70 yards. “He’s athletic, and he’s a competitor. You can see a lot of his uncle in him in the way he improvises and the confidence he has in his arm.” le parole di Barton Simmons, Recruiting Analyst di Rivals.com per la Southeast Region.
Con tali premesse, come è stato allora possibile che un quarterback dai numeri importanti, e con quel nome per giunta, non sia mai stato quotato più di 2-star prospect nel recruiting nazionale e non abbia ricevuto, all’epoca della finale citata, che due proposte di scholarship da parte di college FBS, per la precisione quelle delle vicine Southern Miss (alma mater di zio Brett) e Tulane (New Orleans, Louisiana), entrambe appartenenti alla “Conference-USA”?
La risposta la si trova in un altro “numero” di Favre: 70 inches (pollici), ovvero quanto è alto Dylan. 5-10 insomma, 5-11 per i più generosi. Che tradotto nella nostra scala metrica farebbero 178 centimetri, altezza ritenuta da troppi head coach e scout semplicemente insufficiente per giocare la posizione QB al college. Lo stesso Dylan lo rivelò in un’intervista, chiedendo di fatto un’opportunità al riguardo: “They say the reason why short quarterbacks don’t get a chance is they can’t see over the line, but they never really give anyone a chance to do it. You don’t see guys 5-11 playing quarterback because they don’t even get a shot. You can’t prove yourself if you don’t get a shot”.
Eppure non sono certo mancati QB sotto i 180 cm che hanno avuto addirittura successo in NCAA, intesa come “BCS” ovvero quella dei migliori programmi di football del paese. Per fare un nome recente, Todd Reesing (5-11) ha guidato per più di 3 stagioni da titolare (2006-2009) i Kansas Jayhawks della Big XII. Ovviamente, il punto di riferimento assoluto in tal senso non può che essere Doug Flutie (5-10) il quale, prima di calcare il palcoscenico dei professionisti, fu Heisman Trophy oltreché Maxwell e Davey O’Brien Award nella senior season (1984) a Boston College.
E le due “power school” del Mississippi, quelle della plurititolata SEC, come hanno valutato il ‘piccolo’ Favre?
Houston Nutt, head coach di Ole Miss, ha chiesto a Dylan durante un camp se avesse considerato la possibilità di giocare come defensive back. Zio Brett ebbe una “proposta indecente” simile a Southern Miss, ma a memoria onestamente non ricordo avesse poi avuto chissà quale carriera a safety…
Invece, a Mississippi State, sede del nuovo corso Dan Mullen (l’ex OC di Urban Meyer, quello della spread run-option dei Florida Gators di Tebow e prima ancora QB-coach di Alex Smith a Utah), nel 2009 si ritrovarono con una scholarship disponibile proprio per un posto a QB, a quanto pare dopo la rinuncia di un interessante Ju.Co. di nome Cameron Newton, “spinto” verso altri lidi (Auburn) da più che sospette premure paterne…
I Bulldogs proposero una borsa a Dylan Favre, il quale scelse di andare a Starkville. Ma in un contesto di totale riprogrammazione, con un elevato livello di gioco, la necessità di imparare un nuovo sistema e un nuovo playbook, e non per ultima la presenza a roster di due QB (Relf e Russell) più esperti e pure ben più alti di lui (entrambi superano tranquillamente 6-4, dunque circa 193 cm, una quindicina in più rispetto a Dylan), era abbastanza scontato che il giovane Favre finisse per dover ‘redshirtare’ l’anno.
“It was the most miserable year of my life. Toward the end of the (2010) season, I started to realize it would be the best thing for me. Being the competitor that I am, it wasn’t something I wanted to hear. In the end, it was the best thing I could have done” le sue parole, pronunciate lo scorso aprile quando l’attesa di poter giocare una partita a QB per MSU è finita nell’annuale “Maroon & White” spring game. Entrato in campo dopo pochi snap al posto di Relf, Favre ha guidato tra l’altro i “Maroon” alla vittoria finale (23-20) con un ultimo drive decisivo da 8 plays per 59 yards, con un suo lancio di 27 yards a far da preludio al run-TD conclusivo del FB Sylvester Hemphill. Nell’occasione, Dylan ha prodotto davvero un’ottima prestazione (17/26 per 199 passing yards, più 41 yards su corsa, con 1 td-pass e 1 intercetto). Coach Mullen ha detto che Favre ha senza dubbio fatto grandi progressi, pur essendo ancora nella sua “learning curve” come signal caller NCAA: “Pure talent cannot carry you alone. A dominating player in high school realizes quickly that there are a lot of dominating players at this level. He has to learn the fundamentals to get the next level. Dylan is trying to learn to manage the offense and not making plays every play.” E il ragazzo gli ha fatto eco: “Overall, I think spring went well. I definitely improved from the first practice to the final practice. I would say I have to learn how to manage the game better and become more of a quarterback. I don’t have to score a touchdown every time I touch the ball.”
Allo stato, il fifth year senior Chris Relf, autore di una season 2010 tra alti e bassi (valida sulle corse, molto meno sui lanci) ma pure di un’eccellente prestazione al Gator Bowl di capodanno (51-14 ai danni di Michigan) dove è stato premiato MVP, si presenta come principale candidato al ruolo di starter per la prossima stagione. Anche il redshirt sophomore Tyler Russell appare ancora sopra Favre nelle gerarchie al posto di back-up nella depth-chart di preseason. Ma nel college football le situazioni possono cambiare anche molto rapidamente, Dylan ne è pienamente cosciente: “That still does not mean I will not get a chance to play. I have to be patient and when the opportunity comes, I have to take advantage of it.” Verosimilmente, le sue speranze sono quelle di giocarsi il posto da titolare nel 2012. Comunque, con i summer workouts appena all’inizio, fa bene Coach Mullen a tenere ancora tutti i QB in competizione: “That job’s wide open, like all our jobs are”. E le sue parole non sono certo prive di sostegno nei confronti del redshirt freshman “He’s going to have the same opportunity as all of our guys. Dylan’s got a long career ahead of him and we expect great things out of Dylan Favre in the future”.
In fondo, anche chi sceglie sa bene che, con quel carattere e quel nome stampato sulla maglietta, è meglio indugiare in attesa degli eventi.