Il Presidentissimo scende in campo

Ricorda Bruno Beneck:

Nel 1976 la IFL dichiarò forfait, abbandonando ogni ulteriore tentativo di realizzare il bel sogno, dopo che  avevamo chiesto e ottenuto dal CONI l’autorizzazione ad  usare lo Stadio Flaminio per far giocare due partite di esibizione tra due squadre professionistiche fatte arrivare appositamente dagli Stati Uniti: i Dallas Cowboys e i Miami Dolphins.

La lega di Bob Kap rinunciò perché  all’improvviso erano sorte delle complicazioni di carattere economico; era venuta infatti  a mancare una non indifferente copertura finanziaria, avendo la Pan Am Airlines sospeso la sponsorizzazione dell’evento. Ecco come accadde che i giocatori di football non arrivarono più a Roma.

Il forfait arrecò un danno pesantissimo  alla nostra lega, che puntava molto sulle esibizioni romane delle due grandi squadre americane. Bob Kap non riuscì a concretizzare un vero campionato a livello professionistico o semipro. Però a livello amatoriale il seme gettato dal texano in Europa ha prodotto buoni frutti. Con sapore di provincia rispetto a quello americano, però il sogno del “football giocato” si è realizzato. Oggi chi si ricorda di Bob Kap?

Se la squadra dei Rome Gladiators, abbozzata sulla carta di quel fantasy football, fosse veramente entrata in azione sarebbe stata la più forte compagine di football americano in Europa.  Fondare un club in fondo non era cosa complicata, più difficile era mettere in campo  giocatori veri e farli giocare così come ci era stato fantasticato. Inoltre, a parte i costi di operazioni come quelle immaginate (relativi ai viaggi, ai compensi per i giocatori, alla loro disponibilità e roba del genere), si doveva tener conto dell’ostilità del calcio. Ma la comunicazione avviata dalla IFL Italia era servita per creare un interessante movimento di opinione verso il nuovo gioco. La stampa si era interessata, ai giornalisti l’immagine del gioco piaceva; i filmati  prelevati dalle news americane e trasmesse dalla televisione avevano suscitato un forte interesse tra i più giovani. In tutti,  quando si parlava di football, scattava chiara l’immagine di uno sport diverso e curioso, ricco di agonismo e di molto colore, spettacolare come nessun altro, capace di regalare forti emozioni. Insomma, un prodotto che, apparentemente, si vendeva da solo”.

Football chiuso in un cassetto. Fino a quando?

Dal 3 al 7 maggio del 1977, a Marina di Massa, Beneck ci riprova. E’ il torneo delle quattro Basi Nato dislocate in Italia, che scendono in campo con i colori italiani dei quattro quotidiani sportivi allora in edicola: Gazzetta dello Sport di Milano, Tuttosport di Torino, Corriere dello Sport di Roma e Stadio di Bologna.

Sono le prove generali del “prodotto football”: uno sforzo organizzativo ricco di fantasia (le macchine-sandwich, le vele dei windsurf, le volenterose ragazze versiliane trasformate in fantastiche cheerleaders, la jazz band in  parata) dodicimila spettatori a botta e una formidabile risposta mediatica (decine di inviati, almeno cinquanta articoli a più colonne, e le telecamere della TV).

Al torneo assiste anche Robert Carey,  il presidente del braccio commerciale della NFL. Gli americani sono interessati, vedono la possibilità di aprire un nuovo mercato per il loro merchandising e, con decorrenza 1 gennaio 1978,viene siglato un contratto tra Beneck e  la NFL Properties Inc. Le royalties avrebbero giustificato l’invio del materiale da gioco in Italia, in modo da far partire qualche centinaio di giovani italiani coraggiosi e incoscienti.