Saldamente in piedi, stava un Gladiatore
Roma, Ottobre 1978
I pionieri, quelli veri, i sognatori spesso sconclusionati e però fortunati, i visionari capaci di accedere alle illusioni più grandi e di essere sempre in grado di trasmetterle, iniziavano ad uscire allo scoperto. Uno, due o tre per volta, piano piano, sempre più decisi. A Roma, a Piacenza, a Milano, dietro le reti di qualche base, qua e là nelle periferie dell’Italia.
Chi aveva causato il danno? La trasmissione RAI di fine anno sugli avvenimenti sportivi più significativi degli ultimi dodici mesi che, in coda al servizio calcio-ciclismo-boxe, pallacanestro-motori-atletica-sport minori vari, riversava un minuto e mezzo dei filmati propaganda della NFL; oppure qualche chicca cinematografica come “Il Paradiso può attendere” o “Quella sporca ultima meta”; oppure qualche scemo che diceva di essere il figlio di un marine e, sulle coste tirreniche, cianciava di taccedavn e palle sghembe.
Cercavano una parvenza di prato, arrangiavano un pallone (mica solo Pelè e la sua bola di stracci) e andavano alla conquista del mood. Uno scrimmage cruento, un lancio impossibile, un sogno finalmente liberato.
Il football americano era volato alto in Italia, prima la FIFA ( la federazione fondata da Beneck, Prisco, Bollesan, De Martino & friends nel ’72) che non aveva trovato spazio nel CONI e non aveva avviato alcuna attività, poi la sfortunata IFL e i suoi Rome Gladiators (1973), poi il Trofeo della Stampa Sportiva a Marina di Massa (1978) e la NFL Properties.
Ma quando si comincia a giocare sul serio?
Senti Marcello, la vogliamo raccontare?
Marcello Loprencipe il Pioniere, microfono aperto, ricorda.
“Ricordo come fosse accaduto appena ieri: il mio amico Marcello Mentini mi comunicò di aver ricevuto una telefonata da Bruno Beneck; proprio lui, il padre di Anna e Daniela, le due campionesse del nuoto, il Presidente della Federazione Italiana Baseball e Softball, l’ ex-Presidente della Federazione Italiana Nuoto, il membro della giunta del CONI, il Presidente della Cinematografia Sportiva Mondiale e, pochi anni prima, anche il regista della Domenica Sportiva. Il Presidente voleva incontrarci il pomeriggio seguente nei suoi uffici presso il Palazzo delle Federazioni in Viale Tiziano.
“Figuriamoci” borbottai, “è certamente uno scherzo!”.
Il fatto era che effettivamente io e Mentini avevamo spedito una lettera proprio a Bruno Beneck una settimana prima, praticamente per gioco, sostenendo che rappresentavamo un gruppo piuttosto numeroso di ragazzi che volevano cimentarsi nella pratica del football americano e, non sapendo a chi rivolgerci, chiedevamo aiuto al Presidente di una disciplina “americana”.
Inutile precisare che il “numeroso” gruppo di ragazzi si riduceva drasticamente al sottoscritto, a Marcello Mentini e a Gianfranco Calistri; io e quest’ultimo avevamo acquistato un pallone per il rugby, che di fatto era tutta la nostra attrezzatura in dotazione per il football americano che sostenevamo di praticare da un po’ di tempo, aggirandoci fra i parchi di Roma, con la complicità di altri occasionali amici, e lanciandoci quel pallone.
Era uno di quei caldi pomeriggi di ottobre che soltanto Roma sa regalare ed eccoci lì, io ed il mio amico, sotto il Palazzo delle Federazioni.
“Ora che siamo arrivati fin qua, si sarà divertito abbastanza e la finirà con questo scherzo!” pensai io.
Mentini insistette, entrando nell’edificio e chiedendo alla portineria dove fossero gli uffici di Beneck: ci venne indicato di raggiungere il sesto piano e così ci avvicinammo all’ascensore.
“Ma dove vuoi arrivare, falla finita!” lo incalzai, mentre aspettavamo il nostro turno per salire.
Le porte di quell’ascensore metallico si chiusero dietro di noi ed in breve ci trovammo al piano della Federazione Italiana Baseball e Softball; un po’ preoccupato e sottovoce apostrofai il mio amico: “Guarda che facciamo ancora in tempo ad andare via; mi hai fatto un bello scherzo ed io ho ‘imboccato’ con tutte le scarpe. Però, ora basta…”
In quel momento si aprì una porta ed una ragazza si accorse di noi, chiedendoci molto gentilmente se potesse esserci di aiuto: si chiamava Marina ed in seguito la apprezzammo come la più disponibile delle segretarie di Beneck.
Non appena le spiegammo il motivo della nostra presenza si affrettò a dirci: “Seguitemi, il Presidente sta aspettando proprio voi due.”
Dunque, non era uno scherzo.
Ci sedemmo in una stanza “carica” di record, gloria, campionati, vittorie, che fuoriuscivano da tutte quelle targhe,trofei, coppe, diplomi, manifesti, foto e riconoscimenti vari. Bruno Beneck era lì, sorridente, proprio di fronte a noi.
“Speravo proprio che dopo la manifestazione in Versilia qualcuno desideroso di giocare a football si svegliasse e si decidesse a contattarmi. Dunque, fatemi capire: voi due rappresentate una squadra qui a Roma: Voi… sapete che una squadra di football è composta da decine di persone… non è vero?”
Sorrideva, il Presidente, ma quella domanda finale mi allarmò non poco.
Il mio amico non rispose, limitandosi a volgere il capo verso di me, in attesa di una mia risposta: “Bell’amico” pensai. A parte la splendida ottobrata, non riuscivo a spiegarmi il sudore che si affacciava alla mia fronte, considerato la stagione autunnale e che erano ormai passate le 17.00. O forse sì…
“Vede, Presidente… il fatto è che…” la voce quasi mi tradiva.
“Tu devi essere il capitano della squadra” mi interruppe Beneck.
“No!” mi affrettai a rispondere “non siamo… ancora… al punto di avere un capitano, abbiamo iniziato da poco e…”
“Il capitano, nel football, è colui che prende le decisioni sul campo e rappresenta sempre tutti gli altri, motivo per cui, per me, tu sei il capitano della squadra, a meno che…” si interrupe guardando Mentini.
“No, no” si precipitò a sottolineare il mio ‘amico’ “io non gioco, ma proprio perché ci conosciamo bene, abbiamo deciso di contattarla insieme” spiegò voltandosi nuovamente verso di me.
“Vede Presidente” ripresi “abbiamo bisogno di ogni genere di aiuto: non abbiamo palloni, né attrezzature, né un campo su cui allenarci, né qualcuno che ci spieghi le regole, che ci alleni”.
Il sorriso del Presidente si allargò ancora di più.
“Ho tutto già pronto qui dentro” disse aprendo un cassetto: poi appoggiò sul tavolo un paio di cartelline di cartone rigido, piuttosto alte e molto ben tenute.
Io non comprendevo proprio come dentro quelle due cartelle potessero esserci le risposte alle mie richieste, decisamente ‘voluminose’: per quello che avevo in mente si rendeva piuttosto necessario un TIR. Beneck cominciò a sporgersi dalla sua scrivania verso di noi, praticamente alzandosi dalla poltrona; aveva l’atteggiamento di un fanciullo che sta per scartare un regalo prezioso.
Di colpo davanti i miei occhi si aprirono i colori ed i logo dei Diavoli, dei Tori, dei Lupi e dei Veltri; li riconobbi, perché erano quelli che Beneck aveva utilizzato in Versilia , l’estate precedente. Il Presidente ormai non stava più nella pelle e cominciò ad apparirmi addirittura più giovane rispetto a quando aveva cominciato a parlare.
“Aspettate, guardate qua!” Beneck aprì una cartellina diversa dalla precedenti, con il marchio della NFL; dall’interno uscì fuori un logo che ancora non avevo mai visto, sicuramente il più bello di tutti.
Saldamente in piedi, stava un Gladiatore”.
Bello!