Roma, Ottobre 1978

L’incontro tra Beneck e i ragazzi di Vigna Clara è la scintilla che mancava.

Molti non tenevano il passo del vulcanico dirigente sportivo  e lui, spesso, passava ad altro. Ma  questa volta erano arrivati gli “affamati” della palla ovale, decisi a giocarsi  l’occasione. Gli uffici della federazione potevano essere l’albero della cuccagna, erano la soluzione dei tanti problemi tecnici. Quando Marcello si accalorava (campo, allenamenti, grande squadra) e bussava per i supporti logistici, aveva un interlocutore disponibile e capace. Davanti ai suoi occhi anche oggi scorrono le immagini di quella grande avventura.

Il Presidente Beneck alzò di scatto la cornetta e si fece passare al telefono l’Ambasciata Americana; poco dopo stava già dialogando con il capo dei servizi di sicurezza, tale ‘chief’ Quindry, che assicurò la sua collaborazione e quella di un marine, Glenn Moroni, quali allenatori.

“Adesso vediamo cosa si può fare per il campo!” e si grattò il capo, quel maturo leone con lo spirito da ventenne, “un collegio o una scuola americana potrebbero essere ideali….”

Neanche due minuti dopo aveva dall’altro capo della cornetta Bob Silvetz, allora preside dell’American Overseas School of Rome, con il quale si accordò per utilizzare il campo in erba della scuola. L’appuntamento era per il giovedì  successivo alle 15.00 e, considerato che era il pomeriggio di martedì, avevo meno di quarantotto ore davanti a me. Ero praticamente nei guai!

“Bene, ragazzi, fatemi sapere come è andata dopodomani dopo l’allenamento” e ci salutò accompagnandoci alla porta.

Escludendo le ore dedicate al sonno, credo di ricordare che trascorsi il resto del tempo al telefono, cercando di convincere tutti i miei amici e anche quelli che appena conoscevo di vista, a presentarsi all’appuntamento in ‘tenuta da allenamento’ per un impegno che evitai di spiegare nel dettaglio, giocando anche sull’effetto sorpresa; ricordo che costrinsi anche mio fratello Roberto, di soli 13 anni, però già alto 190 centimetri, a fare numero.

Il giovedì alle 14.30 ero già all’Overseas School, accompagnato dai miei amici più fedeli: Gianfranco Calistri, nipote del sindaco di Castelgiorgio ove in seguito avremmo costruito il primo stadio per il football mai realizzato in Europa; Giacomo Nanni che diventerà arbitro Lif, AIFA e FIAF; Stefano, Nicolò, Luca Franchetti e mio fratello.

Il campo era bello, ma a me sembrava addirittura magnifico, inserito in quel contesto così ‘americano’. Dopo pochi minuti vidi arrivare un omone gigantesco, accompagnato da un giovane poco più che ventenne in pantaloncini e maglietta che si divertiva lanciando un pallone da football in  aria: ‘chief’ Quindry e Glenn Moroni erano arrivati. Mancava un quarto d’ora.

“Maledizione” pensai, “qui si mette davvero male: dove saranno finiti tutti quelli che mi avevano assicurato la loro presenza?”

Quasi all’improvviso sbucò dal fondo del campo un gruppetto di ragazzi: amici e semplici conoscenti di Vigna Clara, il mio quartiere. Erano una ventina in tutto ed io in quel momento avrei  voluto abbracciarli tutti. Alle 14.55 giunsero i ragazzi del rugby, amici degli amici, e con loro diventammo trentasei. Niente male! Alle 15.00 in punto arrivarono, ormai non più attesi, addirittura i colleghi dell’Università, molto meno professionali da un punto di vista dell’abbigliamento sportivo, ma con loro raggiungemmo le quarantatre presenze.

Non c’erano attrezzature, se non il pallone che si era portato Moroni, ed eravamo vestiti nei modi più stravaganti; soprattutto la maggioranza fra noi non aveva neanche idea di quello che ci apprestavamo a fare, ma ‘chief’ Quindry ci inquadrò come un reparto di marines, e fischiò l’inizio.

Per me, quel campo in erba di quella scuola americana, non era lì, ma a migliaia di chilometri di distanza ed io coglievo nei volti dei miei compagni i tratti di Pastorini, Bradshaw, Staubach, Fouts, Swann, Harris, Namath e di tutti gli altri eroi che avevo sognato, sfogliando uno dei rari giornali americani che riuscivo a trovare”.

Era da poco iniziato il primo allenamento dei Gladiatori. In un angolo del pianeta un manipolo di giovani sono, per fortuna, nelle mani dello sport. E nelle  mani di un dirigente sportivo immaginifico.