Week 2 “Under Review”: Seattle 0 – Pittsburgh 24

Ci è voluta una intera settimana per smaltire la “drammatica” sconfitta incassata dagli Steelers all’M&T Bank Stadium di Baltimore alla prima uscita stagionale (7-35 il risultato finale ad appannaggio dei padroni di casa). Sette lunghissimi giorni tormentati da dubbi, incertezze e domande alle quali dare ragionevole risposta pareva esercizio assai difficile. In effetti la clamorosa debacle di Week 1 si è manifestata ed è maturata agli occhi dei fans B&G come una sorta di episodio da Poltergeist: l’autocombustione di un qualche giocatore in campo non avrebbe di certo impressionato o sorpreso nessuno dei sostenitori Steelers, per quanto incredibilmente assurda è apparsa la prova degli uomini di Tomlin. Per queste “oscure” ragioni tutti noi abbiamo atteso lo scontro con i Seattle Seahawks con addosso l’ansia da verdetto finale; come per verificare il pieno possesso di proprietà taumaturgiche utili a scacciare quella malefica presenza che sembrava aver trovato casa presso la locker room giallo-nera.

 Ci è voluta una settimana, ma alla fine è arrivata una risposta empirica che ha smentito ogni ipotesi di sovrannaturale intromissione tra le cose umane: gli Steelers mostrano quanta esatta sia la natura dei fenomeni terreni sperimentando sulla pelle di Seattle tutta la concretezza della realtà. 24 a 0. E questa si chiama “Scienza”.

 L’esatto valore delle contrapposte forze in campo può essere facilmente verificato partendo dai magri risultati conquistati dai Seahawks in attacco.

Il povero Tarvaris Jackson, messo sotto stress dalla prima e seconda linea difensiva Pit per tutto il match, è costretto a liberarsi dell’ovale cercando l’uomo più vicino per non essere costretto a fare da cavia all’esperimento B&G. Anche perchè tra le retrovie avversarie si aggirano silenti due belve sbavanti come Troy “Hurricane” Poalamalu (autore di uno splendido sack e di un intercetto droppato che lo avrebbe sparato dritto in TD) e Ike “Napalm” Taylor (verso il quale Jackson decide semplicemente di non lanciare per tutto l’incontro), che sono pronti a prendere per la giugulare l’impaurito regista smarrito nel labirinto costruito ad arte dagli acciaieri. In questo contesto Jackson riesce a portare il suo attacco in territorio Steelers soltanto due volte in 60 minuti di football e in nessuna delle due occasioni tanto vicino per pensare soltanto di piazzare un calcio da 3 punti. Alla fine incassa 5 sacks e porta a casa la miseria di 159 yards messe assieme con i 20/29 tentativi di avanzata aerea.

Ugualmente asfissiato sul nascere il gioco downfield. Il potente ed atletico work-horse HB, Marshwan Lynch, è chiamato per 6 volte a portare per terra l’ovale con risultati indicibili (11 yards totali, con una media per portata di 1.8). Globalmente saranno 33 le yards corse da Seattle all’Heinz Field (12 quelle prese dallo stesso QB in scramble per salvarsi la pellaccia).

Per completare il quadro di questa “esperienza da laboratorio” è utile riportare altri due dati incidenti sulla asciutta prova offensiva di Seattle: il primo è quello relativo alla 3-down-efficiency, che parla di 2/12 tentativi (16%) di conversione realizzati (contro gli 8/15, 53%, dei B&G); il secondo è quello rispondente al tempo di possesso, che registra in soli 21:16 minuti totali (contro i 38:44 avversari) il tempo di mantenimento dell’ovale da parte dei Seahawks.

 La somma di tutti questi elementi la dice lunga sulla prova difensiva degli Steelers. Nonostante non si sia palesata quella rabbiosità vista in altre, molteplici circostanze, Lebeau ha mosso le sue pedine sul campo in maniera esemplare. E dall’altra Arians non è stato da meno con gli 11 d’attacco.

“Big Ben” Roethlisberger ritrova la lucidità di un tempo benché la sua tranquilla permanenza all’interno della tasca non sia affatto scontata. Lotta contro i secondi ogni santo snap ma indirizza e finalizza il suo gioco aereo quasi sempre con precisione chirurgica (chiude la sua prova con 22/30 per 298 yards e 1 TD pass). La sua Offensive Line, monca della starter LG, “L’Asfaltatrice” Chris Kemoeatu (out per una lieve distorsione alla caviglia, al suo posto il buon Ramon “Amon” Foster), tiene discretamente la pressione nemica anche se in alcune occasioni appare pericolosamente indecisa e scollata sopratutto in pass protection. Di certo la prematura uscita di scena di Willie “Sciagura” Colon (lesione al tricipite del braccio destro) ha posto in essere una serie di problemi che alla fine hanno trovato (almeno così pare) una buona risposta da parte del colossale rookie OT Marcus Gilbert da Florida (2° round, 63esima pick assoluta). “La Mietitrebbia” col #77 lavora in maniera decisa e precisa, spazza il bordo con discreta autorità anche se concede al DE Raheem Brock l’ingresso in tuffo scomposto sul ginocchio di Roethlisberger che per un attimo vacilla pericolosamente.

 [Mi sia concessa ancora una piccola digressione tecnica su Gilbert. Osservando bene il gioco del nostro giovane Tackle ho notato una tardiva estensione delle braccia a impalcare la chiusa in block sul diretto marcatore. Pare cercare in primo luogo il giusto equilibrio del corpo nei primissimi back-steps mentre tiene ancora raccolte le lunghe braccia al tronco (movimento tecnicamente giustissimo se non protratto troppo a lungo come nel caso qui descritto). Si muove con discreta fluidità (non ancora eccelsa) per essere un armadio di 6’6” per 330 libbre, e questo lo aiuta certo a tenere a specchio sul passo il difensore di turno allo snap, ma deve assolutamente accelerare le operazioni di blocco con braccia e mani per evitare il libero movimento dell’avversario che può anticiparlo con una semplice fake esterna e lasciarlo sul posto in go-inside-under-tackle.]

Bene nel complesso il lavoro dei 5 manzi di OL in run blocking (bene aiutati dal trio di TE): “Il Bazooka” Rashard Mendenhall fa 66 yards in 19 portate e TD, e Isaac “Redzone” Redman ne disegna altre 49 in 10 portate impreziosite da uno splendido TD creato da una travolgente galoppata da 20 yards.

Pittsburgh ritrova il suo gioco downfield grazie alla caratura dei suoi HB ben coadiuvati dal movimento ad accendere la luce da parte degli uomini di linea, ma lasciano ancora un sapore amaro in bocca i troppi down non presi sul corto iardaggio. Generalmente nelle circostanze di 2/3/4 & short i Beneamati sanno essere devastati, forse uno dei primissimi attacchi in run della Lega, ed è quindi obbligatorio che il coaching staff (Arians, Kugler e Wilson in primis) riveda ed analizzi attentamente quelle singole giocate al fine di riordinare quei processi di corretta costruzione ed esecuzione del play dal quale il gioco offensivo B&G non può prescindere.

L’attacco Steel-Air accompagna e ritma meravigliosamente il gioco di corsa (e viceversa). Mike “Fattore 17” Wallace riceve 8 fiondate dal suo QB e accatasta 126 pesantissime yards e 1 TD. La distribuzione sul corto-medio è sapientemente gestita e guidata, e questo porta tutti i ricevitori eleggibili a partecipare all’esperimento. Antonio “No Brownie” Brown incassa 4 ricezioni per 67 yards, Emmanuel “The Fly” Sanders vola due volte bombardando il suolo ostile per 44 yards, e Hines “Psycho” Ward chiude una ricezione per 16 yards sul filo della sideline che ancora fa tremare gli spalti dell’Heinz Field.

Nel complesso ottima la prova del team guidato da Tomlin quindi. Nelle condizioni psicologiche in cui versava Pittsburgh dopo la cocente sconfitta subita dai Baltimore Ravens, anche i giovani e inesperti Seahawks guidati da Carroll rappresentavano un pericoloso, reale, ostacolo. La vittoria, al di la delle singole prove, dei travagli corali, delle incertezze che pure si sono osservate, resta convincente sopratutto per il motivo su detto dunque.

 A questa partita chiedevamo una vittoria capace di cancellare in un colpo il ricordo di un Poltergeist, e una vittoria del genere non ha mai in se nulla di semplice, banale o scontato.