“Punk Football” is not dead

Quando tratto di football a stelle e strisce, delle sue squadre e dei suoi giocatori – e in particolare dei beneamati Pittsburgh Steelers – è mia consolidata abitudine cercare comparazioni o similitudini che rimandino a realtà alternative utili ad offrire d’impatto, con una sola parola, con un unico riferimento, l’essenza di un team o di un singolo player. Questo divertente giochino è molto di moda anche negli USA dove si sprecano epiteti, pseudonimi e nickname, per ogni cosa viva e presente su un qualsiasi campo da gioco.

Se già molto tempo addietro avevo metaforicamente affiancato i B&G ai “Brutti, sporchi e cattivi” pensati da Ettore Scola per l’omonimo strepitoso film del ’76, anche questa volta ho deciso per un accostamento altrettanto singolare: quello che traduce il football degli Steelers in musica.
Credo che per ognuna delle 32 franchigie NFL si possa trovare un rapporto stretto con un particolare genere (e magari i lettori potranno divertirsi a trovare il “sound” giusto per la loro squadra), ma quando parliamo dei Pittsburgh Steelers appare inevitabile, almeno ai miei occhi, la sovrapposizione con l’idioma musicale “Punk” degli anni ’70.
Del resto giusto in quel meraviglioso decennio Chuck Noll, con l’energia di un terribile smash-mouth football, scriveva assieme ai suoi formidabili campioni le migliori pagine della storia della franchigia. Quella filosofia costruita per mezzo della semplicità di un gioco ruvido e potente, quasi violento (e su cui qui non mi dilungo per questioni pratiche), si è impressa come un marchio a fuoco sulla pelle degli acciaieri fino ai nostri giorni, e trova una calzante, perfetta, assonanza – oggi come allora – con le aggressive e provocatorie distorsioni della musica forte di band rivoluzionarie come quella dei “Sex Pistols”, dei “Ramones”, dei “The Clash”, dei “Television” (solo per citarne alcune).

Adesso – per venire più strettamente a noi e agli Steelers 2011 – quella prepotente musica che aveva abituato il nostro orecchio al fascinoso “rumore” delle sue note fino a scorsa season, è apparsa di colpo ammutolirsi lasciandoci le briciole di quel caos armonico. Dopo la batosta presa a Houston ho creduto che d’ora in avanti l’audio immaginario delle partite B&G sarebbe stato più vicino alla musica di Marco Masini (non me ne vogliano i suoi fans…se ne ha) piuttosto che a quella degli “Stooges” o degli “UK Subs”, e la cosa, naturalmente, era alquanto deprimente.

In prossimità di Week 5 c’è stata poi una vera ecatombe in fatto di infortuni che non faceva presagire nulla di buono in casa Pit. Lo starter RB, il “Bazooka” Rashard Mendenhall, in sideline per un infortunio al braccio; un altro HB, Mewelde “Gremlin” Moore, bloccato da una distorsione alla caviglia; Il ROLB James “Dobermann” Harrison, out per una frattura all’osso superiore dell’orbita oculare sinistra (fuori ancora 3-4 settimane); il suo naturale backup, Jason “BlackJack” Worilds, in infermeria per un fastidio alla coscia; la starter LG, “l’Asfaltatrice” Chris Kemoeatu, fermato da un problema al ginocchio; il NT, Casey “Big Snack” Hampton, ai box per un infortunio alla spalla destra; e ancora in difesa, il LDE, “La Chiglia” Aaron Smith, inchiodato da una slogatura alla caviglia (fuori per almeno un’altra settimana).

E’ chiaro che quando ti manca grancassa, rullante, tom e timpano in difesa, e insieme basso, chitarra solista e ritmica in attacco, fai fatica a sperare soltanto di non sentire le note della Pausini.

E invece, sin dai primissimi minuti della gara giocata all’Heinz Field contro i Tenessee Titans, mi è parso di udire un leggero consolatorio frastuono che è poi diventato vero, sano, riconoscibile, “Punk Football”.

 

 – “Punk Football”: Offense –

 

Sul palco vestito di giallo e nero il nostro cantante ritrova il suo “subwoofer” nel LT Max “Borderline” Starks, che è stato – forse fin troppo tardivamente – ri-firmato a seguito dei tanti guai capitati nelle quattro settimane precedenti alla OL Steelers (e senza mettere in conto il forfait di Willie Colon prima dell’inizio della regular ’11). Con Kemoeatu fuori gioco, Tomlin è costretto a rivedere la composizione della sua Offensive Line per la nona volta in cinque gare e innesta Doug “The Dog” Legursky in LG. Con Pouncey in C, Foster in RG, e il buon Gilbert in RT, la nostra pesantissima linea assembla e connette gli amplificatori che danno voce ad uno strepitoso “Big Ben” Roethlisberger, che conclude la sua performance con un 24/34 per 228 yards e 5 storici TD pass.
La difesa Titans prova ripetutamente a cambiare stazione radio ma i nostri cinque manzi di linea non sono d’accordo e contrappuntano con un ritmo serrato (come quasi mai visto prima) gli acuti del QB che riesce a conservare buona mobilità dentro la tasca – nonostante una caviglia non nelle migliori condizioni – e preservare un timing adeguato ad introdurre un “riff” suonato alla perfezione dai suoi ricevitori.
L’Offensive Coordinator, Bruce Arians, da buon manager, questa volta sa bene che non può permettere ai difensori avversari di avvicinarsi soltanto al suo #7 già limitato da uno stato fisico a dir poco approssimativo, e impianta una serie di accordi brevi costruiti da quick middle pass, flat motion dei TE, short out e slant route dei WR, e ancora da qualche “improvvisazione” in end around (in una occasione con una spin motion ad uscire per prendere il secondo livello di Pouncey da registrare e portare sui banchi e sulle lavagne di ogni High School e College USA ). Insomma, tutto ciò che è necessario per offrire al suo QB una diminuzione del rapporto temporale lettura/rilascio (tanto che per la prima volta da tempo immemorabile subisce un solo sack), e, allo stesso tempo, per sfruttare le immaginifiche proprietà atletiche dei nostri ricevitori dopo la cattura dell’ovale.

Ne viene fuori una distribuzione del pass su tutti i target da manuale. Antonio “No Brownie” Brown arrangia IN e OUT routes che aiutano a smagliare il LB’s corp nemico e a pulire la “middle zone” per il “Trattore” Heath Miller e per Hines “Psycho” Ward che, cercati e presi in quella determinata posizione e in quelle condizioni, possono essere sempre e comunque devastanti. Mike “Fattore 17” Wallace partecipa inizialmente con buon piglio, e anche se la sua prova da solista appare alla lunga sempre più incerta, alla fine resta il top receiver B&G con 6 ricezioni per 82 yards rifiniti da una svisata da 40 yards che lo porta in touchdown.

Analizzando le keys offensive della vittoria portata ai danni di Tennessee, la questione più spinosa resta sempre quella del gioco in run. Con Mendenhall fuori, il peso del gioco downfield B&G è finito nelle sicure mani di Isaac “Redzone” Redman. Il nostro #33 ha sempre dimostrato di essere un solidissimo backup (per inciso, giocherebbe starter in molte franchigie professionistiche) ma questa volta è portato a dimostrare quanto davvero possa dare alla squadra al di là del suo impiego come runner specialista da corto iardaggio. Il ragazzo è forte, robusto, possiede un frame complessivo intrigante ed supportato da una forza sulle gambe ammaliante. E difatti prova ad utilizzare queste sue caratteristiche per colpire i gap centrali senza cercare traiettorie perifeiche che lo porterebbero poco lontano. Come un toro urta le corna contro la D-line Titans intravedendo spesso i varchi promettenti che la sua OL sa ben produrre, ma non essendo dotato di grandissima vision, e non avendo nelle corde grande fantasia e pazienza al traino in block, finisce per lavorare come un sintetizzatore che produce sempre la stessa identica nota.

Una variazione sul tema la offre però Jonathan “Cannonball” Dwyer. Il giovane HB è al banco di prova. Dopo le insistenti voci che davano il Front Office B&G orientato ad attivare in roster – dopo gli infortuni occorsi a Mendenhall e Moore – il power-RB undrafted ’11, John Clay da Wisconsin (attualmente in Practice Squad), Tomlin, Arians e Wilson hanno risolto in favore del ragazzone che tanto bene aveva fatto nella “triple option” di Georgia Tech ormai due anni or sono.
Dwyer non fallisce certo l’occasione poiché registra la bellezza di 107 yards in 11 tentativi di portata. Peccato che se escludiamo l’estemporanea corsa da 76 yards (che avrei fatto anch’io se mi avessero spalancato le porte del paradiso in quel modo…anzi, forse sarei arrivato anche in TD) i numeri statistici alla fine della partita raccontano come, senza quella che comunque resta una grande giocata, il nostro quarto HB avrebbe prodotto la miseria di 31 yards in 10 portate (media per portata di 3.1).

Al netto di quelle 76 yards il gioco downfiled B&G avrebbe quindi fruttato 80 total rush yards tra le corse di Redman e quelle di Dwyer. Intendiamoci, è un bell’avere visti gli ultimi risultati in questo senso (e con lo starter work-horse HB out), ma siccome cerco di mantenere in questa sede un approccio di analisi logica, privando me stesso di ogni piacere entusiastico, affermo ancora una volta quanto resti comunque grave l’invalidità del gioco di corsa Steelers. Di buono c’è che abbiamo assistito finalmente a qualche route esterna-sinistra, ad un lavoro martellante in inside, e ad una costruzione meccanicamente meravigliosa di handoff e play action fake: cose che richiamano al modello di run play B&G utile a camuffare bene il pass game del nostro QB.

 

– “Punk Football”: Defense –

 

Se in attacco i nostri hanno suonato 60 minuti di ottimo “original” punk, in difesa si bruciavano gli strumenti e si scassavano gli amplificatori al ritmo di quello che sembrava essere più un hardcore privo di melodia apparente.

Le troppe yards concesse di corsa agli avversari fino a week 4 hanno tormentato il defensive coaching staff per tutta la settimana. Con i tanti ed importanti uomini fuori combattimento si è cercato di fare il top con quello che si aveva a disposizione e contro il nemico pubblico numero uno, tale Chris Johnson.

La prima linea a 3 è stata sostenuta al centro dall’ottimo veterano Chris Hoke che è andato a prendere il posto di Hampton con grandissima sicurezza ed autorità (pareva di vedere il miglior NT dei Bills Kyle Williams), in LDE torna – e speriamo non esca più – Evander “AK-47” Hood, anche lui autore di una partita sopra le righe sopratutto in run stuff, e in RDE si riprende lo spot il “Kaiser” Brett Keisel.
La mancanza di Harrison francamente non si fa sentire anche se in ROLB è slittato il “Caimano” Lawrence Timmons (che aveva comunque giocato la posizione a Florida State con ottimi risultati). Larry Foote affianca inside James “The Jaws” Farrior che pare il terribile ragazzino di un tempo (9 tackles solo/ 4 assist). Dall’altra LaMarr “The Wood” Woodley gioca una partita semplicemente strepitosa mettendo finalmente a segno il suo primo sack stagionale (finirà con 1.5 sack in compartecipazione con Hood) e firmando un acrobatico intercetto.
Che il motore del #56 sia un diesel che ha bisogno almeno delle prime 5/6 giornate per riscaldarsi e dare il meglio fino a scoppiare in post season è cosa nota. E’ sempre stato così, stats alla mano. Quindi non mi ha particolarmente meravigliato la sua formidabile prestazione. Ero e rimango sereno circa le performances future in termini di pass rush del nostro LOLB al di là di ogni possibile, eventuale, critica. Certo che la mancanza del Dobermann dal lato opposto lo ha particolarmente responsabilizzato, e anche in questo si vedono i segni di una sempre più compiuta maturità da leader prossimo.

La difesa vista contro i Titans ci dice anche un’altra cosa, che abbiamo cioè due ragazzini strepitosi nel backstage a cui fare imbracciare immediatamente un qualche strumento, anche solo un triangolo se è necessario. Con uguale cattiveria e determinazione il DE 1-rounder ’11 Cam “Ironhand” Heyward da OSU, e il Rushbacker 5-rounder ’11, Chris “GoldWave” Carter da Fresno State, sono emersi come noi tutti ci attendevamo e speravamo. Il primo sembra nato per giocare come 5-tech DE targato black&gold. Il secondo ha un salto dello snap, un fulminio 3-step up, che raramente ho visto nelle corde di un 3-4 rookie OLB. Spero che assommi presto ancora un paio di libbre di muscoli e avremmo, forse più di Worilds, il ROLB del futuro.

Con questa struttura e questo stato di salute e convinzione – la stessa che ci è mancata a Houston – il 7-front chiude ogni spiraglio a CJ che tra una sportellata e l’altra fa 51 yards su 14 tentativi downfiled. La Run Defense funziona bene perchè, a differenza delle partite precedenti, Dick Lebeau decide di non chiedere al suo mostro col #43 di fare allo stesso tempo la Safety, il Linebacker, il Rushbacker e se è possibile anche il Kicker. Forse da questo punto di vista il nostro DC si è fatto prendere un po’ troppo la mano dall’eccezionale stato fisico e psicologico di Troy “Hurricane” Polamalu, e lo ha costretto troppo continuativamente a giocare sulla LOS in posizione spesso esterna. Certo che Troy ti può sfornare da quella posizione la grandissima giocata in ogni attimo, il tackle for loss importante, se non il sacks con fumble, ma averlo troppo a ridosso della trincea lo ha lasciato nelle 4 partite precedenti fin troppo fuori dal cuore del gioco. Eppure lo sappiamo che l’Uragano da il meglio di se quando non deve andare in pursuit sul ballcarrier. La nostra grande SS è dotata di intuito, lettura del play, visione globale, reattività, velocità ed atleticità, per affrontare di incontro – frontalmente/diagonalmente – il portatore avversario. L’esclusione da quella che definisco “trash-zone” – ossia quella direttamente a ridosso della D-line che si estende poco oltre le spalle dell’ILB – è la parte del campo più delicata per l’arresto del gioco di corsa. In quelle 4/5 yards si decide il destino di un run play. Ed è in quel preciso spazio che Polamalu sa esprimere proprietà di lettura e movimento riflesso che, unite ad una tecnica di placcaggio sopraffina e ad una agilità fuori logica, lo rendono assolutamente indispensabile in quella zona e in quel momento del play.

Generalmente fino a scorsa season era poi questo che gli si vedeva fare in campo: saliva quasi ad allinearsi con gli ILB (generalmente dal lato forte) per contribuire alla eventuale fase di run stop avendo il tempo/spazio per monitorare lo sviluppo dell’azione e aprire il passo in avanti a prendere il gioco avversario frontalmente. Che poi Lebeau decida di giocare – come ha fatto per più e più play in queste prime gare stagionali- una nickel defense con 3 safety (Polamalu, Clark, e Mundy) piuttosto che con un CB aggiunto (forse per la mancanza attiva in roster di McFadden e la contemporanea indisponibilità dei rookie Brown e Allen…mi auguro che sia per questo), non deve significare abusare letteralmente del talento dell’immenso #43 facendogli fare ciò che semplicemente non può fare, ossia, tutto.

Quindi, rimesso Troy al suo posto, la difesa ha girato come sapeva e doveva, sopratutto per arrestare quel gatto di CJ. Fermare il run game di Tennessee ha aiutato, semplificando i codici di lettura del gioco, i nostri buoni Taylor, Gay e Lewis, che hanno tenuto piuttosto bene i target mobili di Hasselbeck.

Adesso ci attende Jacksonville, e spero di sentire ancora quel caos armonico elaborato dal “Punk Football” proprio dei Pittsburgh Steelers.

Tennesseee at Pittsburgh, Highlights 2011

http://www.youtube.com/watch?v=rChOUXR7JyQ