La leggenda di Johnny Football
Può un ragazzo texano di 20 anni che ha appena disputato la sua prima stagione al college essere considerato già una leggenda del football? Assolutamente sì. Non solo perché lo stato del Texas, quello nel quale più che altrove l’interesse della gente è vivo a tutti i livelli, è ricco di storie leggendarie già a quello scolastico nel suo sport più popolare e praticato, ma anche perché leggendario può diventare qualsiasi nome accostato ad un trofeo unico come l’Heisman, premio senza eguali pure in ambito professionistico, figuriamoci se il nome impresso sul suo basamento è quello del primo freshman della storia ad averlo conquistato.
Inoltre leggenda è sinonimo di favola, ed è quella che ci apprestiamo a raccontare. La favola di Johnny, un ragazzo 20enne che sta scrivendo la storia del football, alimentando una leggenda…
La leggenda di ‘Johnny Football’…
Jonathan Paul Manziel è nato il 6 dicembre 1992 a Tyler (Texas), la “capitale mondiale delle rose”, una rigogliosa città situata a poco più di 90 miglia ad est di Dallas. Lì nel 1985 nacque anche un altro QB di caratura NFL, che peraltro nelle ultime stagioni ha fatto parlare abbastanza di sé, perlopiù in offseason, e che a 28 anni appena compiuti può vantare un BCS National Championship vinto da protagonista con Louisiana State oltre ad un Superbowl conquistato, da riserva, con i Green Bay Packers: Matt Flynn.
Ma a Tyler il cognome Manziel è sicuramente più ‘conosciuto’. Uno zio bisavolo di Johnny, tale Bobby Manziel, di origini siriane, vi arrivò in miseria agli inizi del secolo scorso per poi riuscire a fare fortuna con il petrolio, fino a divenire un personaggio ricco e influente a cavallo tra gli anni 40 e 50 del novecento. In seguito, a Tyler il lignaggio dei Manziel divenne sinonimo di ricchezza ereditaria, potere politico, controllo delle vicende cittadine, ma fu pure accostato spesso a problemi di natura legale, scommesse clandestine, persino alla malavita. E a quanto pare, tra le motivazioni che spinsero Paul Manziel e Michelle Liberato, genitori dell’allora dodicenne Johnny e di sua sorella più piccola Meri, a trasferirsi nel 2004 in un’altra città del secondo stato più grande (dopo l’Alaska) e popoloso (dopo la California) degli Stati Uniti d’America, ci fu anche il desiderio di tenere lontani i figli da taluni biasimevoli pregiudizi che ormai avevano inquinato il ‘buon nome di famiglia’.
Giusto un anno prima, Tyler era andata sotto i riflettori dei media americani anche per un evento drammatico. Nei suoi dintorni furono infatti recuperati alcuni importanti frammenti del disastro dello Space Shuttle ‘Columbia’, la navicella spaziale che tragicamente si disintegrò nei cieli del Texas durante la fase di rientro nell’atmosfera terrestre il 1° febbraio 2003. Quel doloroso incidente, tra i più tristi nella storia della ‘NASA’, non rese comunque la zona (una delle aree ove precipitò una cospicua parte dei detriti del veicolo) ‘celebre’ tanto quanto Roswell, la cittadina del New Mexico divenuta mito dalla credenza popolare che nel luglio 1947 vi si sarebbe schiantato un UFO nelle vicinanze.
Forse Johnny Football non è un extraterrestre, anche se talvolta è inverosimile ciò che riesce a fare in campo, ma di certo è già un mito per tantissima gente, e d’ora in avanti anche i residenti di Tyler e di altre zone più a sud del Texas, di cui parleremo, potranno vantarne una tutta loro di ‘leggenda’…
I Manziel traslocarono dunque nella Hill Country, precisamente a Kerrville, 58 miglia a nord-ovest di San Antonio (85 ad ovest di Austin, oltre 275 miglia a sudovest di Tyler) verdeggiante piccolo centro rurale sul Guadalupe River. E’ lì che Johnny ha frequentato la Tivy High School, iniziando seriamente la sua carriera nel football.
Già alle ‘medie’ il giovane Manziel aveva avuto modo di mostrare le sue sensazionali doti atletiche, praticando il baseball, ma poi anche il football dopo essere riuscito ad eludere le riluttanze materne: mamma Michelle era infatti preoccupata che il suo unico figlio maschio, dal fisico ‘non imponente’ per usare un eufemismo, praticasse lo sport di contatto per eccellenza.
Ma a parte il fisico minuto, unito peraltro a già straordinarie doti di corsa e a saper inventare ed estendere le giocate ‘sgusciando’ tra le maglie avversarie, Johnny possedeva anche un’altra caratteristica ritenuta indispensabile per qualsiasi quarterback, come ricorda l’HC della Tivy, Mark Smith: “He’s got some innate leadership qualities you don’t find in very many people”.
Così, dopo aver trascorso con il ‘freshmen team’ il suo 1° anno, nel 2008 Manziel iniziò finalmente a poter contribuire alla causa della Tivy High… come wide receiver e running back di situazione. Tuttavia, alla 4^ gara stagionale, gli Antlers si trovarono nella necessità di sostituire per una gara importante l’indisponibile senior starting QB Colton Palmer. Johnny, che duplicava il suo impiego in squadra come eventuale back-up QB, venne promosso titolare per la delicata sfida esterna alla Boerne-Samuel V. Champion High School. Quella fu l’occasione di cui il 16enne Manziel aveva bisogno per dimostrare, non solo a coach Smith, le sue sorprendenti capacità: 380 total yards condite da 6 touchdown (su 7 totali realizzati dalla Tivy) annichilirono gli avversari nel trionfo per 50-20.
Grazie a quella fenomenale prestazione Manziel si guadagnò il futuro ruolo di titolare agli Antlers, tuttavia per la sophomore season continuò a condividere la posizione con il compagno senior e alla fine accumulò 2.378 yard totali (1.164 su passaggio, 806 su corsa e 408 in ricezione) con 29 TD (19 su corsa e 10 su passaggio, senza intercetti), ricevendo anche la sua prima lettera di interesse da parte di un college NCAA di Division I: Texas A&M.
Nell’anno junior (2009) Manziel fu dunque promosso QB titolare a tutti gli effetti, collezionando 2.903 yard su passaggio, 1.544 yard su corsa e altre 152 yard su ricezione per un totale di 55 touchdown (dei quali 19 td-pass a fronte di soli 5 intercetti, 34 rush TD e 2 receiving TD).
Poi nel 2010, da senior, Manziel produsse una stagione da 3.609 passing yards con il 65.7% di completi, 45 td-pass con soli 5 intercetti, 1.674 yard su corsa in 170 portate (media 9.85 a portata) con 30 TD, più 1 TD su ricezione e 1 TD su kickoff return, per un totale di 77 touchdown.
Insomma, visto anche il sistema corso alla Tivy, per molti divenne l’ennesimo, sensazionale, dual-threat quarterback che stravinceva da solo le partite a livello liceale grazie alle sue gambe-turbo…
Ma le cose in realtà non stavano proprio così…
Ad inizio stagione, venerdì 3 settembre 2010, nella gara contro la n° 1 (class 5A) Madison High, lanciò l’ovale 75 volte (record assoluto per lo stato del Texas!) per 503 passing yards e 4 td-pass, oltre a 78 yard su corsa con un altro TD. Risultato: upset 39-34 della Tivy (class 4A) sulla Madison.
Una settimana dopo contro la n° 3 (class 5A) Steele High, produsse 558 total yards (la Tivy in totale ne fece 572, oh, ben 14 in più…) e 8 touchdown in un altro clamoroso upset 54-45, lanciando per 428 yard e 6 td-pass, con l’81% (!!!) di completi (34 su 42), dei quali 15 consecutivi.
Alla fine dell’anno portò a casa una serie innumerevole di riconoscimenti per lo stato del Texas, tra i quali: District 28-4A MVP (unanimous selection), Class 4A First Team All-State (AP), San Antonio Express-News Offensive Player of the Year (secondo anno consecutivo), Associated Press Sports Editors Texas Player of the Year, No. 1 QB in Texas by Dave Campbell’s Texas Football, PrepStar All-Region e Super-Prep All-Region.
Venne soprattutto nominato Parade All-American e National High School Coaches Association (NHSCA) Senior Athlete of the Year per il football.
Come usuale per i migliori qb liceali, il suo recruitment era ovviamente iniziato da tempo, tuttavia alcuni dei top program statali non vedevano Manziel come un prospetto di prima fascia per il ruolo, vuoi per la sua altezza (6-1) e struttura fisica, vuoi per la ‘gimmick’ offense che il ragazzo correva a Kerrville.
Ecco spiegato perché, ad esempio, né i Texas Longhorns di Austin, né i TCU Horned Frogs di Forth Worth, gli offrirono una scholarship per giocare “under center”. Proposte in tal senso arrivarono da altre scuole private come la Baylor University di Waco (dove era in procinto di esplodere Robert Griffin III…) e dalla Rice di Houston (che lo avrebbe reclutato anche per il baseball), ma obiettivamente né i Bears, né tantomeno gli Owls, potevano rappresentare una prima scelta nello stato della stella solitaria, la stessa che risalta sul casco dei pluricampioni Dallas Cowboys, quello in cui il football non è lo sport principale, ma una vera e propria religione…
Manziel veniva etichettato come un fantastico athlete, impiegabile al college come ricevitore oppure come defensive back, ma a stento era considerato per la posizione di quarterback. Eppure, gli estimatori al di fuori dei confini del Texas non mancavano, non solo da college di apparente secondo piano ma pur sempre di prima divisione come Colorado State, Iowa State, Louisiana Tech, Tulsa e Wyoming.
Jim Harbaugh, all’epoca HC di Stanford (un ateneo BCS tra i più legati alla figura del ‘pocket passer’), ex QB NFL ma anche capace reclutatore e tecnico sempre attento alle dinamiche evolutive del gioco, come poi dimostrerà nei San Francisco 49’ers scegliendo l’ex QB di Nevada Colin Kaepernick, intuì le potenzialità di Manziel e lo invitò per un camp di 3 giorni nell’estate 2010 a Palo Alto, in California.
Chip Kelly di Oregon, convinto che Manziel fosse un QB ideale nella sua up-tempo offense, decise di battere la concorrenza di Harbaugh sul… tempo e, dopo un breve incontro organizzato ad Eugene giusto prima che il ragazzo andasse a Stanford, gli recapitò un’offerta di scholarship mentre questi era ancora impegnato in California.
Convinto che quella fosse una proposta irrinunciabile, senza rifletterci più di tanto Johnny fece verbal commitment con i Ducks: “I’m always going to be a Texas kid, but Oregon was home away from home to me. They have every single thing I was looking for in a school except that it’s far from home”, le sue parole subito dopo la repentina decisione. Una scelta che aveva preso da solo, senza consultare la famiglia, ansioso di non perdere un treno che temeva potesse non presentarsi di nuovo. Ma le sue stesse parole tradivano i dubbi che quella decisione si portava dietro, come le 1.600 miglia di distanza di Eugene da ‘casa’ o la prospettiva di far spendere all’incirca 2.000 dollari di viaggio ai suoi genitori per andarlo a vedere dal vivo nei sabati in cui i Ducks avessero giocato ‘in casa’…
A fargli cambiare idea fu però il grande interesse manifestato dal QB coach di Texas A&M Tom Rossley. Dopo la prima partita della sua senior season (nella quale Johnny ebbe 407 total yards con 7 touchdown), Texas A&M offrì a Manziel una scholarship da Quarterback. Il venerdì successivo (quello del record di passaggi contro la Madison High), Rossley era presente sugli spalti assieme al Linebackers coach degli Aggies Dat Nguyen. Il giorno dopo Manziel andò a College Station per conoscere l’HC Mike Sherman.
In realtà Sherman avrebbe preferito puntare su un prospetto QB dalle differenti caratteristiche, più adatto alla sua WCO e magari un po’ più alto. Sia il suo capitano e titolare a QB Jerrod Johnson, sia l’eventuale sostituto Ryan Tannehill, erano entrambi oltre i 6 piedi e 4 pollici pur esibendo un’ottima mobilità. Fu proprio Rossley a fargli cambiare idea: “He wanted that perfect fit at quarterback. The 6-foot-3 quarterbacks look real pretty, and Johnny didn’t look real pretty. So it took me a while, but you can’t measure Johnny’s intangibles.” L’ultra sessantenne ex QB coach degli Aggies ma anche dei Kansas City Chiefs, uno che negli anni 2000 aveva lavorato come Offensive Coordinator ai Green Bay Packers con Brett Favre e visto in azione il rookie Aaron Rodgers, due ragazzi appena più alti di Manziel, era sicuro del potenziale che aveva visto e non era intenzionato a lasciarselo sfuggire: “Johnny’s going to be a legend from Texas, and he need to play in Texas. We didn’t need to share that legend with Oregon”, ha ammesso di recente con un sorriso.
E così Manziel rinunciò alla zone-read option di Kelly, una offense per certi versi abbastanza simile a quella praticata alla Tivy High e nella quale avrebbe probabilmente fatto molto bene, e si iscrisse alla TAMU nel gennaio 2011. L’iscrizione nel primo semestre gli permise, tra l’altro, di giocare nello scrimmage (offense vs defense) del Maroon & White spring game di aprile, dove partì da third-string QB ma fece già intravedere le sue qualità, anche come lanciatore: 8/9 per 115 yard e 2 touchdown.
Tuttavia, la presenza di un titolare come Tannehill (che sarà chiamato al primo giro nel draft NFL 2012), la necessità di fargli assimilare appieno il playbook della West Coast di Sherman, oltre all’ovvia opportunità di non fargli ‘sprecare’ un anno di eleggibilità, condussero alla decisione di fargli redshirtare l’anno.
Intanto, tra i fans del “12th man”, sia per quello che mostrava in allenamento, sia anche per ciò che accadde fuori (l’episodio più divulgato e passato al setaccio è stato l’arresto del 29 giugno 2012 a seguito di una rissa per futili motivi, a valle della quale trascorse una notte in cella per ‘condotta disordinata, mancata identificazione, e possesso di una patente di guida fittizia’ – ndr), iniziò a diffondersi la sua nomea di ‘duro’, ‘combattente’, ‘trascinatore’, grande ‘competitor’ oltreché di total football player. È così che ad Aggieland adottarono il nickname ‘Johnny Football’, coniato si ritiene dallo sports director Joe Reinagel dell’emittente ‘Kens 5’ di San Antonio (affiliata CBS), che usava questo soprannome per il tuttofare Manziel negli highlights trasmessi da Kerrville sulle partite della Tivy High.
A seguito della stagione 2011 (6-6), Mike Sherman venne licenziato e al suo posto come Head coach fu assunto Kevin Sumlin che molto bene aveva fatto a Houston, dove era dal 2008 e dove aveva installato la Air Raid grazie all’OC Dana Holgorsen, un ex assistente di Mike Leach a Texas Tech divenuto poi oggi HC a West Virginia. Anche dopo che Holgorsen aveva lasciato i Cougars (2010), Sumlin aveva condotto la squadra nel 2011 ad un record 12-1, con il QB Case Keenum che è diventato all-time leader FBS in total offense e td-pass (155 in carriera).
A College Station Sumlin si è portato dietro come OC e QB coach Kliff Kingsbury (ex Quarterback di Leach a Texas Tech e oggi nuovo HC dei Red Raiders). La Air Raid implementata dagli Aggies in realtà non ha molto di nuovo quanto a schemi, ma, come sostiene anche Chris Brown (l’autore del libro The Essential Smart Football – ndr), che l’ha definita una “backyard Air Raid”, è nel “di dietro” che ha qualcosa in più: “That offense is an up-tempo passing attack, with 4 and 5 wide receiver sets spread across the field; they have the ability to stretch the field vertically as well, while allowing Manziel to scramble and create his own opportunities”.
Nel 2012 dunque nuova offense e nuovo quarterback per Texas A&M. Ma non solo. Anche e soprattutto una nuova conference: la SEC, la più forte e difficile dell’intero panorama collegiale, quella con i maggiori introiti e dove si affrontano difese simil-pro. Pazienza allora se gli Aggies hanno dovuto rinunciare alla Big-XII e alla storica rivalry con i Longhorns che si è interrotta dopo la bellezza di 118 confronti diretti.
Alla 4^ gara stagionale contro Arkansas, la stella di Johnny Manziel esplode sul palcoscenico nazionale: nella vittoria sui Razorbacks per 58-10 lancia 29/38 (76.3%) per 453 yard (con 3 td-pass) e corre per altre 104 yard in 14 portate (con 1 altro TD). In totale fanno 557 total yards: polverizzato il record SEC di Archie Manning che resisteva da 43 anni. E pensare che nella SEC hanno giocato anche i due più che discreti figlioli di Archie…
Due settimane dopo, giusto in Louisiana, nel recupero dell’opener non disputato contro la Tech (causa Uragano Isaac), in un’incredibile sfida terminata 59-57, lancia per 395 yard (con 3 td-pass) e ne corre 181 (con altri 3 rush TD), per un totale di 576 yard, diventando così il primo player nella storia della SEC con 2 partite da oltre 500 total yards nella medesima stagione.
Alla vigilia della partita più attesa e difficile dell’anno, quella di Tuscaloosa contro la numero 1 e defending Champion Alabama, l’analista di lungo corso della CBS (ha lavorato anche per ABC e ESPN) Gary Danielson, ex QB dei Detroit Lions (1976-1984) e della Purdue University (stessa Alma Mater di Kevin Sumlin), rilascia in un’intervista un commento davvero interessante su Manziel, parafrasando con un’analogia da baseball d’elite d’altri tempi: “He’s a balanced switch-hitter like Pete Rose or Eddie Murray who can produce from either side of the plate. Some guys are passers who can run. Others are runners who can pass. Johnny is an 8 as a runner and an 8 as a passer. He has great feet in the pocket. He reminds me of [Purdue-ex] Drew Brees. The key to stopping him is making him pay for having the ball all of the time with big hits. But he has been brilliant in that he is able to move to angle his body to not get hit hard”.
E poco dopo, in prima serata nazionale, la difesa più arcigna e dura del college football non riesce a colpirlo. Manziel è imprendibile. Nella partita dell’anno, lancia 24/31 (77.4%) per 253 yard con 2 td-pass e corre per altre 92 yard, provocando una delle sole due sconfitte (ma l’unica nei tempi regolamentari) dei Crimson Tide negli ultimi 2 anni.
Uno dei td-pass che mette a segno, entra di diritto nella leggenda del college football, come il ‘jump-pass’ di Tim Tebow. Non chiedetemi però se è più difficile recuperare un auto-fumble o scovare in corsa un compagno (Ryan Swope) liberissimo nel back-end della endzone lanciando con l’inerzia del corpo nella direzione opposta, il tutto ragionando in un nanosecondo: forse è solo una questione di… glutei.
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O magari semplicemente di attributi, come quelli che rivela ancora, con tutti i riflettori puntati addosso da nuovo front–runner all’Heisman, frantumando Missouri (59-29) nell’ultima uscita stagionale al Kyle Field: 32/44 (72.2%) con 3 td-pass e altri 2 touchdown su corsa. E meno male che nel corso del match subisce un infortunio al ginocchio, altrimenti…
L’Heisman Trophy si materializza l’8 dicembre 2012, due giorni dopo il suo ventesimo compleanno. Come già anticipato è il primo freshman della storia a vincerlo. E così anche per il Davey O’Brien Award quale miglior quarterback NCAA ed il Manning Award.
Nel Cotton Bowl di Alrington (Texas) del 4 gennaio 2013 annichilisce Oklahoma (41-13) con una prestazione da 287 passing yards (con 2 td-pass) e 229 rushing yards (con altri 2 TD). Quelle corse rappresentano un record per un Bowl game da parte di un quarterback. È ovviamente premiato ‘Offensive MVP’ della gara.
Nel 2012, per la Football Bowl Subdivision ha stabilito i freshman record per total offense in una stagione (5.116) e per yard su corsa da parte di un quarterback (1.410); è anche il primo rookie (e il 5° player in assoluto) a lanciare per più di 3.000 yard e correre per più di 1.000 nella stessa season.
Per continuare a migliorarsi come passer, è tornato anche quest’anno (dopo la fruttuosa esperienza del 2012) ad allenarsi a San Diego con il giovane guru dei QB George Whitfield Jr., 35enne che negli ultimi anni a lavorato tra gli altri con Ben Roethlisberger (2010) e con le prime scelte assolute al draft NFL Cam Newton (2011) e Andrew Luck (2012), preparandoli alle rispettive (fantastiche) rookie season. Nel maggio scorso, su twitter e non solo, si è visto Manziel in azione in spiaggia, con le gambe dentro l’acqua dell’oceano pacifico, persino bendato con una maschera in quello che Whitfield ha definito “Zorro drill”.
Un tweet del 21.05.13 dell’NFL Insider Charean Williams segnalava che Manziel aveva centrato il target proposto per 27 volte su 29 tentativi nei passaggi con gli occhi bendati. Grazie a quei due errori, abbiamo la certezza che non si tratta di un extraterrestre. Ma il n°3 della Tivy High, che indossa il n°2 a Texas A&M, oggi è diventato il n° 1 del college football. E il suo sguardo è già rivolto al futuro.
Nell’epoca dei calzini supersonici di RG3 e del ‘folletto di Lannisport’ Russell Wilson, perché nella NFL non dovrebbe esserci spazio per un quarterback poco sopra il metro e 80 con il braccio di un closer MLB e l’escapability di Flash Gordon? Dopotutto questa è la leggenda del ragazzo bianco con gli occhiali e la faccia da impiegato che viene da un piccolo borgo rurale del sud… proprio come Clark Kent da Smallville.
Mamma mia Angelo, ogni pezzo è un piacere enorme… Anche se è meglio non pensare che è stato a un passo e mezzo dai Ducks…
Grazie Gianni. Io preferisco sia andato agli Aggies.
Dopotutto tifo Stanford…