The Fox and The Bears.
La Volpe e gli Orsi. Sembra il titolo di una favola…sarà davvero così?
Dopo tante parole, tante speculazioni e altrettante preghiere da parte dei fan, John Fox ha finalmente apposto la sua firma sul contratto presentatogli dal nuovo GM dei Bears Ryan Pace.
Fox è quello che la gente voleva, che i giocatori speravano; sarà anche quello giusto per i risultati in campo?
Analizziamo un attimo i suoi numeri.
Dopo una vita spesa ad allenare Defensive Backs e a coordinare difese, John Fox arriva nei primi anni 2000 a Carolina, dove prende le redini dei disastrati Panthers usciti dalla stagione 2001 con un record di 1-15. L’impatto sul gioco e sulla solidità del team è subito dirompente: Carolina chiude il 2002 con un record di 7-9 mentre, l’anno dopo, il record finale sale a ben 11-5 con conseguente vittoria della NFC South. Quell’anno i Panthers vinceranno anche il Championship e andranno a giocarsi il Super Bowl, poi perso contro New England.
A quella sconfitta seguono anni magri e, nel 2011, Fox lascia la squadra per prendere le redini dei Bronchi di Denver, reduci da alcune stagioni opache terminate con record non sufficienti per raggiungere i Play Off. Nel suo primo anno a Denver, Fox fa esplodere il fenomeno Tim Tebow, QB vincitore dell’Heisman Trophy ai tempi di Florida, dimostratosi poi non altezza della lega professionistica.
Quell’anno però, Tebow e Fox guidano la squadra a vincere la propria Division, nonostante il record di 8-8, e ad arrivare ai Play Off (prima volta dal 2005) dove supereranno il primo turno contro Pittsburgh, ma non il secondo contro New England.
Spedito Tebow e acquistato il veterano Manning, Denver vola alla vittoria della Division per altri tre anni consecutivi, durante i quali la squadra del Colorado vince anche un AFC Championship e va a giocarsi il Super Bowl, dove verrà malamente sconfitta da Seattle. Questo non basta a Fox per tenersi il posto e, a Gennaio 2015, dopo l’ennesima sconfitta contro la bestia nera dei Patriots, finisce la sua avventura in quel di Denver.
Ed è a questo punto che si fanno avanti prepotentemente i Chicago Bears. Numeri alla mano, John Fox pare proprio essere la cura di cui Chicago ha bisogno; ma andiamo per punti.
Numero uno, Play Off. I Chicago Bears non giocano i Play Off dal 2010 e non vedono il Super Bowl dal lontano 2006. La “cura Trestman”, portata in città dopo una stagione da 10-6 (non valevole per la qualificazione alla postseason) di Lovie Smith, ha condotto ad un’involuzione mostruosa passando dall’8-8 del 2013 al 5-11 del 2014, con un calo emotivo e prestazionale troppo evidente in tutti i reparti, specialmente quello difensivo.
Al contrario, Fox, ha giocato i playoff sia a Denver (ogni anno della sua gestione) che a Carolina, portando entrambe al Grande Ballo; è un allenatore che sa come si gestisce una stagione regolare e ha una certa esperienza nel complicato mondo ballerino della postseason. E’ la prima volta che i Bears danno le chiavi della squadra ad un Coach che è già stato Capo Allenatore in NFL; chissà che puntare sull’esperienza, alla fine, paghi.
Numero due, la difesa. Come già detto, prima di affrontare le due esperienze da Head Coach con Carolina e Denver, John Fox è stato un uomo “di difesa”. Sin dall’università fino alla sua prima esperienza tra i Pro, Fox ha allenato i Defensive Backs; ha poi seguito il personale Pro a S. Louis, ed è finito a coordinare la difesa dei Giants.
Questa particolarità potrebbe essere molto utile ad una squadra che ha sempre vissuto di grandi difese, ma che ha visto sfumare proprio questo reparto nelle ultime due stagioni.
Ciliegina sulla torta è l’appoggio a questa scelta da parte del grande ex, ormai leggenda, Brian Urlacher (che non ha mai digerito la gestione Trestman) il quale loda la scelta di Pace di buttarsi su un HC d’esperienza, che sa cosa vuol dire vincere e conosce bene il valore di una difesa.
Numero tre, l’attacco. Analizzando la gestione di Fox sia a Carolina che a Denver, non può sfuggire quanto le sue squadre abbiano vissuto di ottimi attacchi. Per quanto sia cresciuto tra i difensori, Fox, come allenatore, ha sempre bilanciato benissimo grandi attacchi e ottime difese, senza mai spostare il baricentro troppo avanti o troppo indietro, sviluppando un gioco difensivo molto moderno, rapido e pressante e lasciando molto spazio a grandi attacchi sviluppati sia sui lanci che sulle corse; proprio quello che serve ad una squadra come i Bears che, negli ultimi tempi, sembrano aver smarrito la bussola un po’ in ogni reparto, e che ha a roster grandi nomi e tanta potenzialità inespressa, sotto ogni profilo di gioco.
Numero quattro, la gestione dei singoli. Allenare una squadra di pro non è facile, soprattutto quando hai grandi nomi da gestire, peggio ancora se delusi e frustrati; è proprio quello che accade a Chicago dove di Big Players ce ne sono un po’ ovunque, anche se i risultati son stati ben lungi dall’arrivare.
Fox, che come detto ha un’esperienza di gestione del personale pro, è un allenatore noto per essere molto vicino ai giocatori, tanto a quelli esuberanti quanto a quelli emotivamente fragili; insomma, quanto di meglio potesse capitare ad una squadra che soffre i crolli di Jay Cutler, le sfuriate di Brandon Marshall e la frustrazione di Matt Fortè, oltre che del calo di alcuni veterani come Jared Allen e Lamarr Houston che, nella stagione passata, hanno prodotto molto meno di quello che avrebbero potuto.
Numero cinque, le “comeback season”. Guardando al passato di John Fox appare chiara la sua specialità: rinfrescare (a volte resuscitare) squadre appannate e perdenti.
Carolina passata da 1-15 a 11-5 in due anni, Denver tornata a vincere quattro Division di fila e un Championship dopo 6 anni senza Play Off; più chiaro di così.
Ed è proprio questo che Fox troverà a Chicago. Una squadra dallo storico e pretenzioso nome che non vede la postseason da troppi anni, che viene da un record negativo, e che deve tornare a riassaporare i Play Off prima che età e contratti portino l’attuale roster a sgretolarsi.
Alla luce di tutto ciò, sembra che il giubilo e il gaudio dei Fans di Chicago non siano solo hype, ma reali aspettative.
I detrattori di questa scelta ci ricordano che però, alla fine, Fox non è un allenatore “da titolo”, che ha perso due Super Bowl, e che in fondo è stato cacciato da Denver nonostante tre stagioni di fila da almeno 12-4, perché inconcludente nelle partite che contano.
Il parere di chi scrive è che, in realtà, c’è poco da fare gli schizzinosi; per chi non vede la postseason da cinque anni, non gioca un Super Bowl da nove, e non lo vince da trenta, queste son davvero sottigliezze. Uscire da una stagione da 5-11 caratterizzata dalla peggior difesa Navy & Orange di sempre, ci ha portati a pregare perché un allenatore del calibro di Fox approdasse a Chicago.
Se analizziamo poi quelle partite fondamentali perse dalle squadre di Fox, vedremo che, di fatto, son state perse dai giocatori in campo (palese esempio il SB di Manning e soci) e non dal Coaching Staff.
Perdere ai Play off, col sistema di dentro o fuori, ci sta sempre…è raggiungerli la vera sfida, e Fox è uno che sa come farlo mentre la squadra di Chicago pare essersene dimenticata.
Non sia mai, poi, che qualche talento inespresso possa esplodere sotto la sua guida; la squadra è sempre una variabile e la connection col suo Capo Allenatore può essere del tutto indipendente dal passato di quest’ultimo.
Insomma, in attesa che Fox trovi validi coordinatori con cui lavorare (dettaglio che non va tralasciato), la fan base della Windy City si lascia andare alla speranza e al conforto di un allenatore vincente (record 199-89) che ha nel mirino i Play Off e nella testa una riesumazione della grande difesa di Chicago. I presupposti ci sono tutti: speriamo che quella della Volpe e degli Orsi sia davvero una bella favola dal lieto fine.
E non è finita : arrivano anche Fangio – def coor dei 49ers – e Gase – off coor dei Broncos, Ne vedremo delle belle a Chicago…