Buccaneers, i primi quarant’anni
Quaranta anni di football professionistico ed un unico alloro, il Super Bowl XXXVII, potrebbero in effetti far sembrare l’avventura dei bucanieri della baia in NFL, qualcosa di poco esaltante. Tuttavia la storia di Tampa Bay dimostra come questo sport ed in particolare questa lega, renda così difficile il ripetersi nel tempo dei successi più grandi.

Prendo spunto dal disvelamento che la franchigia ha fatto ieri, del logo per i 40 anni dei Buccaneers, che dopo le traversie per ottenere un “biglietto” per la NFL, scesero in campo la prima volta nella lega all’Astrodome contro gli Oilers il 12 settembre 1976. Hugh Culverhouse scelse come primo allenatore quell’immortale (per USC) John McKay che purtroppo non seppe dare alla franchigia quello che aveva dato ai Trojans, pur avendo sposato con tantissimo entusiasmo la causa dei bucanieri, tanto da aver scelto Tampa Bay dopo un decennio di enormi allori in California. La franchigia segnò la striscia più lunga di sconfitte consecutive (0-26) prima del record dei Lions del 2008 prima di diventare una eccellente contender nei primi anni ’80 e giungere al Championship della NFC nel 1981. Dopo l’abbandono di McKay e le non eccezionali stagioni di fine anni ’80 ed inizio anni ’90 portarono la franchigia sull’orlo del tracollo finanziario, disvelato alla morte di Culverhouse.
La nuova proprietà di Malcolm Glazer, l’arrivo di coach Tony Dungy e lo sviluppo di quella che è poi stata conosciuta universalmente come la difesa “Tampa 2” riportò in auge la franchigia che divenne una delle difese dominanti a cavallo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, perdendo il Championship 1999 per mano dei Rams di Kurt Warner (e della “Bert Emanuel Rule”), qualificandosi per due playoff successivi e vincendo il Super Bowl XXXVII con una pazzesca prova della difesa che intercettò Gannon cinque volte. Dopo altre due qualificazioni ai playoff nel 2005 e 2007, Tampa iniziò un cammino verso l’oblio, pagando la nascita di progetti più rigogliosi ad Atlanta, Carolina, ma soprattutto New Orleans, che vinse il Super Bowl XLIV.
La Tampa 2 ed alcune altre eccellenze come l’Hall of Famer Lee Roy Selmon ed il running back Ricky Bell, oppure il QB Doug Williams ed il FB “Bulldozer” Mike Alstott (Ring of Honor nel 2015) sono i ricordi più dolci di una franchigia che negli ultimi anni ha sbagliato, in tema di pianificazione, parecchie cose, e secondo diversi analisti non ha cambiato rotta in questo 2015. Personalmente spero sia cambiato il vento, la bellezza della NFL è che qualunque squadra, anche vessata da diversi anni di mediocrità, può voltare pagina e trasformarsi in una seria contender, se viene amministrata con giudizio, a discapito di quel “tutto-e-subito” che troppo spesso è stato utilizzato come approccio nelle squadre NFL con un mediocre recente passato.