Week 2 recap: Chargers @ Bengals
É stata una partita brutta, davvero. Non necessariamente per l’epilogo, che non aiuta di certo, ma proprio per i tanti errori visto da una parte e dall’altra che hanno rallentato il gioco: 17 penalità totali, 8-64 per i Chargers, 9-75 per Cincinnati. É stata una partita che ha dato la sensazione già vista nei primi due anni di McCoy head coach, e cioè quella che i Chargers si siano sparati su un piede, andando a perdere una partita contro un avversario tosto, certo, ma anche tranquillamente alla portata.
La difesa aveva iniziato benone la partita, costringendo i padroni di casa ad un 3&out con conseguente punt, alla cui ricezione si è presentato Keenan Allen, per via dell’assenza di Jacoby Jones; l’ex California, indisturbato, ha mancato la ricezione favorendo i padroni di casa, che hanno recuperato palla all’altezza delle 19 di San Diego. Da lì, lancio preciso di Dalton per AJ Green che sfrutta la propria altezza per battere Brandon Flowers, dando inizio alla pessima giornata del nostro numero 24.
L’attacco confeziona poi un buon drive che però si conclude solo con un field goal dalle 40 yard, mentre è ancora la difesa a salire in cattedra per gli ospiti, grazie ad un fumble provocato e recuperato da Donald Butler su Jeremy Hill, altro giocatore protagonista di una giornata complicata, che viene convalidato dopo il replay visionato dagli arbitri. Il possesso di palla per San Diego però dura pochissimo, per via del sack di Wallace Gilberry su cui Rivers perde il pallone, prontamente recuperato dai padroni di casa. É stato, questo, uno dei leitmotiv della partita, l’eccessiva pressione con cui Rivers ha dovuto fare i conti, proveniente prevalentemente dall’interno della linea, soprattutto dalle guardie. Come avevo detto la scorso settimana, Fluker ha subito un infortunio alla caviglia che lo terrà lontano dai campi per un altro mese almeno, e al suo posto ecco Chris Hairston. Il sostituto naturale sarebbe Johnny Troutman, ma anch’egli è alle prese con un problema fisico, e di certo la sua presenza non rappresenterebbe una sicurezza, anzi. Solo che Hairston, buon veterano con tre anni di esperienza a Buffalo, doveva essere, nei piani del coaching staff, uno swing tackle, ovverosia un lineman capace di giocare indifferentemente in entrambi gli spot di tackle, mentre quello di guardia è un ruolo da lui mai coperto in tre anni e spicci di attività da pro. Pessima giornata anche per Orlando Franklin, che perlomeno ha avuto un ruolo importante come run blocker, la sua specialità, pur lasciando a desiderare in pass protection (ad esempio è lui a lasciar passare Gilberry per il sack, ma anche in altre occasioni è stato totalmente in balia di un Geno Atkins che sta pian piano tornando alla sua forma pre-infortunio). Per non parlare della miriade di penalità commesse dal duo Hairston-Barksdale, che hanno privato i Chargers di terreno di gioco per costruire una rimonta credibile. Rimanendo a parlare di linea, buonissimo almeno il lavoro svolto per creare spazio a Melvin Gordon, abbondantemente impiegato dal coaching staff, e con successo (16 corse per 88 yard, 5.5 yard a portata, senza fumble), che ha messo in mostra la capacità di resistere ai contatti così come l’elusività per cambiare direzione e tagliare, ma anche una buona visione di gioco. Peccato solo non aver avuto modo di sfruttarlo vicino alla goal line. Bene anche Danny Woodhead, una sicurezza ormai, mentre Branden Oliver non è stato praticamente mai chiamato in causa.
Per quanto riguarda i ricevitori, invece, buona prova di Stevie Johnson (5-45-1), Malcom Floyd è stato tenuto a bada per quasi tutta la partita, prima di farsi vedere con una ricezione da 40 yard per un TD bruciando in velocità Dre Kirkpatrick. Ladarius Green mette in piedi un’altra buonissima performance, grazie a 5 ricezioni per 47 yard. Il giocatore ha il talento per liberarsi dal marcatore con grande velocità, anomala per un giocatore di quelle dimensioni, e voltarsi verso Rivers per una ricezione comoda, un po’ come abbiamo visto spesso fare a Gates. Il numero 85 è di un altro pianeta, ma le lezioni che sta dando al suo allievo stanno cominciando a dare i loro frutti. Peccato che, dopo un ottimo primo tempo, la difesa abbia cominciato a lasciare al giocatore sempre meno spazio, togliendolo dal match. Nota dolente invece è Keenan Allen, francobollato da Leon Hall e Pacman Jones per tutta la partita, terminata con due sole ricezione per 16 yard (più il muffed punt ad inizio gara, che lo deve avere condizionato da lì in avanti). Il dilemma con il numero 13 è capire che tipo di WR possa diventare, se un numero 1 o un numero 2: per adesso, visto il rendimento mediocre nelle partite in cui le difese si focalizzano su di lui, propenderemmo più per la seconda, ma chiaramente il verdetto è ancora ampiamente da emettere.
Per quanto riguarda la difesa, passo indietro rispetto alla prima gara, anche grazie all’ottima linea offensiva di Cincinnati, che ha protetto benissimo Dalton, dandogli tutto il tempo di esplorare il nostro reparto con successo. Zero pass rush, buona partita di Te’o, che, seppur con qualche tackle mancato, finisce con 10 tackle, un QB hit e un passaggio deviato, dando l’idea di continuare nella propria crescita. Malissimo la linea, che ha concesso praterie a Giovani Bernard, eccezion fatta per Liuget, che quanto meno è riuscito più di una volta a penetrare nel backfield avversario per qualche stop. Bene anche Jimmy Wilson, backup safety di Jaleel Addae che ha giocato una discreta partita soprattutto in coverage. Purtroppo, c’è da registrare un passo a vuoto di Brandon Flowers, protagonista di una vera e propria giornata da incubo, avendo vissuto da diretto spettatore tutti e tre i TD di Cincinnati. A differenza della partita contro i Lions, Pagano ha preferito occuparsi a uomo dei ricevitori dei Bengals, lasciando alla pass rush il compito di mettere in difficoltà Dalton e la o-line. Non solo l’ex giocatore di TCU ha lanciato spesso indisturbato, ma la decisione di lasciare uno-contro-uno i nostri difensori ha esposto clamorosamente il difetto più grande di Flowers (sì, oltre alla mancanza di stazza), cioè la mancanza di velocità. E se Verrett ha giocato un’ottima partita (concedendo due ricezioni per 38 yard a suoi diretti avversari, ma anche qualche flag di troppo), Flowers si è visto superare da AJ Green in apertura di partita, da Marvin Jones sul profondo e anche da Tyler Eifert, con cui c’era stato un cambio difensivo. Questa volta, rispetto alla settimana scorsa, niente Weddle a presidiare la zona di campo più profonda – ecco come è stato efficacemente neutralizzato Calvin Johnson – ed ecco i risultati.
Parlando di coaching staff, il colpevole principale non può essere certo Pagano, il cui reparto ha fatto vedere di potere avere armi per neutralizzare opzioni offensive di livello. Ecco quindi spuntare la figura di coach McCoy, uno dei peggiori in-game-manager che la NFL tutta possa vantare. Più volte negli ultimi due anni l’ex OC di Denver ha fatto vedere di essere un allenatore conservativo e poco incline al rischio, ma domenica ha probabilmente toccato il punto più basso della sua gestione, anche dal punto di vista del feeling con i tifosi, buona parte dei quali accredita a lui la sconfitta di domenica. Con 50 secondi sul cronometro prima dell’intervallo, e con due timeout da spendere, Kevin Huber è pronto a ridare il pallone agli ospiti dopo un 3&out: chiaramente, non ha nessun interesse a spendere il timeout rimanente, finendo per far passare i secondi. Anche in telecronaca, Dan Fouts si chiede il motivo per cui McCoy non chiami timeout, per consegnare il pallone a Philip Rivers, assolutamente capace di mettere punti sul tabellone con ancora un’interruzione di gioco e 50 secondi a sua disposizione. I secondi passano, tutto tace, e il secondo quarto termina. Nella conferenza stampa di ieri, a precisa domanda sul perché avesse rifiutato di concedere un’altra occasione all’attacco, McCoy ha replicato “Volevo tenere alta la concentrazione nel secondo tempo, avevo fiducia nei ragazzi perché potessero segnare subito in avvio di ripresa”. Che, come ha detto il buon John Gennaro – blogger di Bolts From The Blue, sito che vi consiglio di seguire – è stato come dire “Non ho voluto segnare 14 punti, perché ero convinto ne avremmo segnati 7”. Il senso di tutto ciò? Alcuno, indubbiamente. Colpevole e testardo, McCoy. E recidivo, vista la frequenza a non voler giocare i quarti down con una yard dalla chiusura, come successo proprio domenica, oltretutto sulle 14 dei padroni di casa, accontentandosi dei field goal di Lambo (per giunta sbagliato) sotto di quattro lunghezze. Incomprensibile inoltre la decisione di lasciare in panchina Ryan Carrethers, che dovrebbe essere il nostro miglior nose tackle (lo so, abbiamo qualche problema) in una partita in cui le corse dei Bengals hanno aperto in due la nostra difesa.
La squadra ha certamente dei difetti, ma anche punti di forza evidenti. Sta a lui, e al resto dello staff, fare in modo che questa giochi al massimo delle proprie possibilità, evitando di restare fuori dai playoff, certamente alla portata. Sarebbe un grosso peccato, e anche un fallimento, per McCoy in primis. Dovesse succedere, è prestissimo, certo, sarebbe la sua la prima testa a saltare.
Chiudiamo l’aggiornamento settimanale con i complimenti a Philip Rivers che, con il suo 255esimo e 256esimo passaggio da TD, è ora il leader nella storia dei San Diego Chargers (superato Dan Fouts). Prossimo appuntamento domenica alle 19 ora italiana in casa dei Minnesota Vikings.