Chicago vince la NFC North.
In un’occasione normale i numeri a farla da padrone in un recap come quello di Chicago Bears-Green Bay Packers, il più antico rivarly game della NFL, sarebbero certamente quelli dei sessanta minuti di partita che hanno separato gli uomini di Lovie Smith dalla vittoria. Ma nel giorno di Natale il regalo che i Bears hanno chiesto a Babbo Natale non è stato quello di vincere e basta, ma quello di trionfare nella division proprio di fronte al pubblico più avverso che Rex Grossman e compagni possano trovarsi di fronte. E in un giorno come questo non si può che snocciolare numeri ben più importanti, numeri che vanno oltre la percentuale di passaggi completi o di fumble persi e recuperati. Chicago vince la division per la ventesima volta nella propria storia, ma dopo il riallineamento effettuato dalla NFL nel 2002 con la nascita degli Houston Texans, è la prima volta che i Bears si impongono nella North Division, nata dalle ceneri della Central Division ed orfana dei soli Tampa Bay Buccaneers. Le altre avversarie, le rivali storiche, sono rimaste lì e per tre stagioni hanno visto i Packers trionfare nella classifica finale. Il 2005 però ha cambiato le carte in tavola, Green Bay è crollata sotto il peso degli infortuni e legata ad un Brett Favre sempre più appannato, Minnesota paga una partenza davvero tragica ed è fuori dai playoff avendo perso contro i Baltimore Ravens nel Sunday Night Football natalizio, mentre i Detroit Lions attesi dalla definitiva consacrazione si sono sciolti strada facendo, tra polemiche, licenziamenti e tante, tantissime brutte figure.
Chicago vince al Lambeau Field per 24-17 imponendo ai Packers uno sweep stagionale come non accadeva dal 1991, entrando di diritto al Divisional Playoff evitando così lo scontro alle Wild Card. I Bears hanno alternato ottimi numeri a giocate un po’ leziose, con una difesa che ha sbagliato più del solito pur riuscendo a limitare i danni e ad andare in meta con un intercetto di Lance Briggs. L’attacco di una formazione che va ai playoff dovrebbe aspettarsi di più delle 166 yards lanciate da Grossman, ma la prova del quarterback lascia davvero molte speranze. Complice l’infinità velocità del giovane Bernard Berrian (3/93), Grossman ha sfruttato attacchi profondi come da anni non si vedeva tra queste parti, mettendo in evidenza un tocco sublime sul pallone, una meccanica di lancio perfetta. Grossman ha cominciato piuttosto bene la partita cedendo pian piano come prevedibile alla stanchezza e lasciando maggior spazio alle corse di Thomas Jones (25/105, TD). Non prima di aver guidato un ottimo drive a inizio partita chiuso con un TD pass per Muhsin Muhammad (5/58) reo a sua volta di un paio di drop importanti che hanno tolto a Chicago la possibilità di chiudere prima l’incontro.
Incontro che in realtà sembrava terminato dopo la meta di Lance Briggs che andava a pizzicare un pallone lanciato da Brett Favre (30/51 317 yds, 4 INT) dall’interno della propria redzone. Il TD di Briggs seguiva quelli di Moose e Thomas Jones nel primo quarto e il calcio di Robbie Gould a inizio del terzo portando il risultato parziale sul 24-7. I Packers riuscivano a riaprire la partita con un punt riportato in meta da Antonio Chatman dopo 85 yards corse e un field goal di Ryan Longwell che in precedenza aveva sbagliato per ben due volte. La rimonta finiva sul filo di lana quando dopo un big play per Donald Driver (6/107), Favre chiudeva la partita con tre play disastrosi: sack di Tank Johnson, sack di Alex Brown e intercetto (il secondo) di Chris Harris al rientro dopo due partite saltate per infortunio.
La difesa ha sì sbagliato spesso le giocate sui tackle e trovato difficoltà nel penetrare la O-line di Favre, tanto che i due sacks finali restano gli unici della gara, ma è anche vero che nei momenti chiave non si è lasciata sorprendere, con Brian Urlacher di nuovo in forma strepitosa e Nathan Vasher sempre più reattivo in queste secondarie che hanno trovato ieri notte i colpi fondamentali di Charles Tillman (7-1, INT) e del rookie Brandon McGowan (8-2), che pare essersi finalmente inserito in questa difesa. Manca Mike Brown comunque, e la cosa si fa sentire non poco in campo. E’ stato incredibile vedere Adewale Ogunleye e Alex Brown tenuti quasi costantemente lontani dalla tasca di Favre, impossibilitati a colpirlo o a mettere maggiore pressione come spesso ci avevano abituato in questa stagione. Ma il problema difensivo sembra solo quello di essere un po’ stanchi con la conseguente speranza che l’attacco di Grossman decolli definitivamente, trovando quella continuità che insieme ai numeri messi in mostra renderebbe Chicago una squadra di livello assoluto. Le molteplici dimensioni che un attacco come quello visto a inizio gara nella Frozen Tundra può raggiungere sono un motivo in più per credere nell’immediato futuro dei Bears, i quali nel frattempo si godono la vittoria di division e attendono la gara numero 30 di postseason (record attuale di 14-15). Coach Lovie Smith è riuscito a costruire su questa difesa una squadra solida e reattiva, mentre il progetto offensivo cresce di giorno in giorno grazie a giovani leve come Berrian e gli infortunati Mark Bradley e Cedric Benson, puntando su un running game concreto e sulla costante crescita del gioco aereo grazie a un Rex Grossman apparentemente dotato di un ottimo bagaglio con il solo gap di dover recuperare il ritmo partita al più presto.
I Bears al Pro Bowl.
Honolulu, Hawaii, festa di fine anno per la NFL è il Pro Bowl, giocato dalle selezioni dei giocatori della NFC contro la AFC. Anche in questo caso un piccolo tabù finalmente caduto con Chicago che manda sei giocatori alla partita più colorata e pacifica di tutto il mondo football. Cinque difensori: Brian Urlacher (LB quinta selezione), Lance Briggs (LB), Nathan Vasher (CB), Mike Brown (SS), Tommie Harris (DT) e un solo attaccante, l’onnipresente (per quel che riguarda il Pro Bowl) Olin Kreutz (C), uscito malconcio da Lambeau Field.